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EUGENIO DI SAVOIA

malignità e lasciavano che portate in giro dal venti­

cello della maldicenza investissero la nobile figura

del condottiero.

Non basta: la madre, Olimpia Mancini, lo esor­

tava ad abbandonare l’impero per entrare al servizio

della Spagna con onori e compensi di re; mentre

Luigi XIV’, dal canto suo, gli offriva il bastone di

maresciallo, il governo della Sciampagna e una ren­

dita annua di ventimila scudi semprechò fosse ritor­

nato al servizio francese.

Il principe Eugenio non si soffermò neppure a

considerare le offerte: anzi, quando l'onorificenza mi­

litare massima francese gli fu offerta, non più in tono

di congiura ma in «

forma quasi esageratamente so­

lenne

», il capitano la respinse tranquillo, senza nep­

pure indirizzare all’offerente Ke Sole «

una breve

frase normale di ringraziamento

».

La fedeltà dignitosa, spinta fino al sacrifizio, è

la dote che maggiormente rifulge nel ricordo di Eu­

genio di Savoia. Dote che maggiormente si deve con­

siderare ed apprezzare, poiché traluce in un momento

storico in cui il cambiar parere e servizio era cosa

normale per i capi di Stato e per i Condottieri.

La sua propria dirittura di carattere egli del resto

I l P r in c ip e E a g c a l*

(D a lla R accolta C ivica d i «lam pe — M ilan o )

«

Nè furono le sole qualità personali che valsero a

raccomandare Eugenio all'Imperatore. Vide questi pure

volentieri passare dalla Corte di Francia sotto le sue

bandiere un congiunto di quel Duca di Savoia, il quale

cresceva ogni giorno di riputazione e d'importanza. La

pace fra Austria e Francia era tuttora troppo recente

e troppo malsicura, perchè non si apprezzasse di avere

nelle file dell'esercito imperiale un principe, il quale

.

in caso di rottura, avrebbe potuto esercitare influenza

sulle risoluzioni del Duca di Savoia »

Ora si deve subito notare che se il principe Eu­

genio divenne, passato alla carriera delle armi, un

grande capitano, egli non fu mai un capitano di ven­

tura. Entrato al servizio della Casa austriaca (e

avrebbe servito con entusiasmo la Francia, sua

Patria di nascita, se Luigi XIV avesse comprese e

assecondate le sue inclinazioni) egli si sentì per tutta

la vita devoto alla causa per cui si agitava e combat­

teva la sua Patria adottiva: l’Austria. Egli non

cambiò bandiera giammai.

E non si deve credere che alla Corte di Vienna,

con la successione di tre imperatori (Leopoldo I,

(iiuseppe I, Carlo VI) fossero tutte rose per il prin­

cipe Sabaudo. Vi erano invece vari partiti, formi­

dabilmente arcigni, che si stringevano gomito a

gomito nelle trincee dell’avversione per denigrarlo:

combriccole che umanizzavano pissi pissi le critiche

velenose perchè giungessero fino alle orecchie del

sovrano; combutte che gonfiavano a mezzo fiato le