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EUGEN IO D I S A VO IA

Il M

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(Quadro 41 G. Va» Schuppcn, dalla Raccolta IconoffraBca di S. A. R.

il Prlaclpc di Picaroalc)

il fumico era in piena rotta inseguito da cavalleria leg­

gera che gli inflisse altre perdite

».

Quando, dopo la battaglia di Luzzara, l'aulico

Consiglio di guerra viennese mandò in Italia il com­

missario generale Enrico Hakh con l ’incarico di ispe­

zionare l'opera del condottiero Sabaudo, questi scattò

di sdegno e scrisse ad un amico che abitava a

Vienna:

«

Egli

(

l ’Hakh

)

ha tutto veduto, tutto esaminato

co' suoi propri occhi ed ha trovato la penuria e il male

assai più grandi di quello che io ho sinora giudicato

e rappresentato costà. Io gli ho detto ben chiaro e in

buon tedesco che quel che si dice a Vienna e quello che

succede qui e ciò che in tale estremità è necessario si

faccia subito. Egli promette bensì molto, l ’opera però

si vedrà dai fatti. Intanto io nulla so della sua

«

com-

mission

»

o della sua segreta

«

intention », e in verità

poco me ne curo specialmente perchè non voglio per

nulla affatto fare la futura campagna, se prima non

sarò io stato in persona a Y'ienna e non avrò veduto io

stesso quali

«

dispositiones

»

e misure saranno state

prese, di qual forza e

di

quali truppe

si

comporrà

l ’armata, come saranno assicurati i pagamenti, e come

dovranno essere fatti; perchè assolutamente non voglio

più lasciarmi nutrire in vane parole come mi è acca­

duto ormai da oltre un anno e mezzo

».

Dignità, coscienza del proprio valore, decisa vo­

lontà di non sottomettersi ad alcun sciocco arbitrio,

rivelano le suesposte parole. Ed il seguito più che

energico imperativo di quella decisione è descritto

dal generale Ilio Jori in modo magistrale, con frasi

che eccitano l ’entusiasmo, che trascinano all’ammi-

razione:

«

Il Principe partì dunque verso la fine del dicembre

dopo quasi due anni di una campagna resa faticosa

a perdurare più dalla inerzia e dalla ostilità dei con­

sessi viennesi che dal nemico. Egli lasciava in Italia

un'armata che più non potn'a chiamarsi tale. Ma quei

miseri avanzi portavano scritti indelebilmente sulle loro

bandiere i nomi di Carpi, Chiari, Cremona e Luzzara

e la loro occupazione di un palmo di terra italiana

rappresentava ancora la tenace custodia di un diritto

del loro Imperatore valorizzato, difeso e mantenuto

integro dalla inflessibile volontà e dalla ardita capacità

del Principe. E mentre attorno all'Imperatore i vecchi

e arrugginiti consiglieri avevano esaurito ogni loro

residuo di energia in meschini atti di ostilità contro il

glorioso capitano dell'armata d'Italia e nessuno si

sentiva capace di dare consigli al Monarca e soccor­

rere la patria pericolante, il generoso Principe Savoiardo

viaggiava rapidamente verso Vienna deciso di tutto

osare per salvare ciò che fosse possibile in quel supremo

momento

».

Dovette lottare assai, spezzare le opposizioni,

disperdere gli oppositori, strappare all’imperatore

decisioni giuste, ma che tuttavia gli rincresceva di

mettere in atto.

Finalmente il 27 giugno 1703, dopo sei mesi

dacché era ritornato a Vienna, il volere del Principe

Sabaudo trionfò contro tutte le opposizioni. Fu nomi­

nato Presidente del Consiglio aulico di guerra.

L ’

i i

agosto presenta subito all’imperatore le sue

proposte, che sostiene vigorosamente con questa de­

cisa conclusione:

«

Non mi spaventano nè turbano il cattivo aspetto

delle cose nè le miserevoli condizioni in cui come è

stato esposto è caduto lo stato militare, il quale non

potrà essere rimesso su piede migliore e in buone con­

dizioni in breve tempo, se Vostra Maestà imperiale

non tiene ferma la graziosissima Sua mano e non

sostiene colle sue energiche risoluzioni tutto ciò che per

impulso di fedeltà devotissima sarà proposto dal subor­

dinatissimo Suo Consiglio aulico di guerra, senza

lasciarsi per avventura frastornare da estranee

«

sug-

gestiones • particolari.

«

Non vi ha dubbio, graziosissimo Imperatore e

Signore ecc. che i remedia sembreranno e saranno

alquanto forti, aspri e presumibilmente sgraditi, ma

Vostra Maestà Imperiale voglia pure graziosamente

considerare che

«

malis extremis

»

si rimedia soltanto

con

1

remediis extremis ».

L’Imperatore, trascinato da un così deciso con­

sigliere, di cui conosceva per esperienza il valore, la

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