

EUGEN IO D I S A V O IA
chiara
«
urbis et orbis »che in ciò che concerne la
«
Pram
matica
»
il nostro Serenissimo s è arenato nelle più
sciocche utopie e s'intrica sempre più in spinosi im
picci fantastici, che tutte le montagne di carta che a
tal uopo già furono imbrattate e poi con insulse forma
lità scambiate più che certamente spariranno nel fuoco
delle stufe non appena il nostro Serenissimo avrà per
sempre chiusi gli occhi. Dichiara egli inoltre che nes
suno dei nostri vicini pensa nemmeno per sogno d ’at
tenersi sul serio all’ampollosa fraseologia di questi
effimeri obblighi ora concretati con tanti rompicapi.
Eugenio proclama e pretende tutt’al contrario e con
tutta insistenza che non esiste che una sola ed unica
possibilità per garantire ad ogni condizione e con tutta
sicurezza nel dato momento il riconoscimento della
*
Sanzione Prammatica
»
cioè: un poderoso Esercito,
nagistralmente allenato, pronto ad entrare ogni mo
mento in guerra, e le Casse dello Stato, per qualunque
evento, generosamente provviste! A l cospetto di questi
fatti più che convincenti, nessuno oserebbe osteggiare
la
«
Prammatica
»
o, per lo meno, chi volesse farlo vi
rifletterebbe due volte prima d’azzardarlo! Tale è l ’irre
fragabile punto di vista di Eugenio nella questione
che occupa e travaglia senza tregua il nostro Serenis
simo. “ Bisogna obbligare i nostri vicini e anche tutta
l ’Europa e riconoscere la
«
Sanzione Prammatica
»
a
furia di colpi di cannone e di sciabola, dice enfatica
mente a questo proposito Eugenio adottando anche in
ciò il suo favorito detto spagnuolo no la razón o la
fuerza »! E onde mettere in effetto questa sua massima
egli non s’accontenta di perfezionare senza posa con
tinuamente l’organizzazione, l ’addestramento e l ’arma
mento delle truppe, ma vuole anche portare tutto l ’as
setto dello Stato all’altezza di tale compito. Fa costruire
strade, canali, ponti e fortezze onde coprire con una
rete, magistralmente ideata, gli Stati absburgici
».
Così, bilanciandosi giudiziosamente fra la ragione
e la forza, procedono verso la gloria le Nazioni,
quando le sorregga nel loro ascendere una mente
illuminata e una volontà decisa.
L ’esempio che Eugenio di Savoia porge anche
oggi agli Italiani — mutati i tempi, i luoghi, le situa
zioni, i desideri e le aspirazioni di un popolo — è di
una chiarezza impareggiabile. Dimostra inconfuta
bilmente che gli Stati i quali ebbero da Dio la fortuna
di possedere uh Capo di viva intelligenza, di fermi
propositi e di suprema energia debbono aumentarne
il prestigio e facilitargli il compito di governare con
la più rigida disciplina e con il più entusiastico ardore.
GIOVANNI BITELLI