

avrebbe badato a far continuare lo stesso
dono (167).
La Società dei proprietari come si è detto,
non fu costituita, il teatro fu dato per un ses
sennio ad un gruppo di persone capitanate
dall’avvocato Pietro Boldrini e dal signor
Merlo. Con saggio consiglio, la nuova im
presa assunse anche la gestione degli altri
teatri, compreso il Carignano. Siccome non
si hanno più documenti, che si riferiscano a
lagnanze, o a ordini provocati dalle vicende
della stagione, così si può credere che le
cose procedessero più tranquillamente. La
stessa Municipalità mise in disparte le sue
grandi velleità legislative, un po’ forzosa
mente forse, perchè gli fu tolta ogni specie
d ’ ingerenza diretta sugli spettacoli.
Nella scelta dei melodrammi da rappre
sentarsi, l ’impresa durante i primi cinque
anni d’esercizio ebbe in generale la mano
felice, qualche volta felicissima, ma non si
curò molto di cercare la varietà dei compo
sitori. Pei dieci melodrammi rappresentati,
non seppe trovare che cinque maestri. Due
scrissero tre lavori per ciascuno, uno ne
compose due. Gli altri due furono opera di
due altri autori. Di essi però, nessuno si può
dire, che fosse di primaria importanza.
Il
primo lavoro fu del Pavesi, del quale
fu poi anche una
Nitetti
del Metastasio rap
presentata nel 1812. L ’
Elisabetta d’Inghil
terra
non di poeta anonimo, ma di Gian G ia
como Durandi, dette motivo al cronista del
Courrier de Turin
di sciogliere un inno per
cantare le glorie dell’ imperatore e del prin
cipe Camillo, per la loro munificenza nel
ridare a Torino uno spettacolo degno degli
antichi tempi (168). V i fu però una nota
stridente. Il Durandi, che da circa quaranta
anni componeva libretti abbastanza assai ap
prezzati, divenne a un tratto un poetastro da
mettere in fascio con altri colleghi,
qui ne
connaissent la langue, la syntaxe et la
me-
sure des vers.
Al Niccolini spettò la composizione non
solo del
Diario Istaspe
(poesia Durandi), se
conda opera della stagione, ma anche dei
due melodrammi rappresentati nella succes
siva stagione ( 1810- 1811). Fu un grave
sbaglio, che tornò un po’ a danno del mae
stro.
L ’onomastico della Principessa Paolina
fu celebrato con una cantata
L ’augurio con
corde,
del poeta Vincenzo Marenco.
In quest'anno fu riaperta la scuola di
ballo e di pantomima, annessa al teatro Im
periale. Ne fu nominato direttore il Pacco,
ballerino stimato fra i migliori del suo
tempo.
Nella stessa stagione di carnovale del
1810-1811, fu anche inaugurato nel teatro
Imperiale un nuovo grande lampadario cen
trale, che fece andare in estasi Modesto Pa
roletti, torinese per nascita, ma francofilo
accesissimo, al quale non parve vero di po
ter cantare un inno trionfale in lode del nuo
vo strumento illuminante, che veniva a fu
gare la deplorevole oscurità nella quale, nei
tempi andati, era tenuta la sala (169). Al
dabben uomo sfuggiva però lo stillicidio co
pioso, ma poco gradito agli spettatori, ca
gionato dai lumi a olio.
Il
poco vantaggio conseguito nella sta
gione antecedente coll’avere voluto affidare
ad uno stesso maestro l ’incarico della com
posizione delle due opere, fu la ragione, per
la quale vennero chiamati il Pavesi per scri
vere la
Nitetti
e il Farinelli pei
Riti di Efeso.
( 167) Lo strappare fondi al Coverno Imperiale era al
lora cosa superiore alle tradizionali fatiche d'Èrcole. Le
pietose e tragicomiche avventure della erigenda facoltà
d. musica nell Ateneo Torinese informino. (Cfr. « Le vi
cende dell erigendo Conservatorio di Musica di Torino •
sulla
R ivista Musicale Italiana,
192.
(168) «L'ouverture du Théatre Imperiai a rappelées ces
époques interessantes où les plus grands talents de l'Italie
venaient drmander à Turin les suffrages d'un public
eclairé •
(Journal
de
Turin)
(169) M. Paroletti.
Courrier d e Turin.