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va le sorti del teatro Imperiale, il conte di

Luserna aveva ideato di far risorgere l ’an­

tica Società dei Cavalieri, si e come esi­

steva ai tempi del Regno di Sardegna. 11

promotore faceva assegnamento di chiama­

re a raccolta, per ricostituirla quei pochi ap­

partenenti a ll’aristocrazia piemontese, che

si erano più, o meno, accostati al partito

francese. Nell’anno 1806, quando l ’impera­

tore Napoleone era passato per Torino gli

si era persino presentato un memoriale re­

lativo a questo progetto, concepito in termini

apologetici per l ’antica Società, ma più an­

cora per gli spettacoli, che allestiva. I sotto­

scrittori anonimi, si qualificavano

princi-

paux

proprietaires de la vingt septième

Division.

La permanenza in qualche ufficio

del risultato della sottoscrizione aveva fatto

rinviare a migliore occasione la accettazione

della proposta. Il memoriale intanto riposa­

va tranquillamente, dimenticato affatto, in

qualche ministero a Parigi.

Se ne riparlò soltanto tre anni dopo, ma

invano, nel 1809, durante il carnovale, in

questa circostanza.

Attorno ai principi Borghese, Camillo e

Paolina Bonaparte si era intanto costituita

una piccola Corte, più rumorosa che nume­

rosa, composta di elementi franco-nostrani,

questi, in ultima analisi, inclinati solo agli

spassi, ai divertimenti e allo sfarzo. Il prin­

cipe, al quale forse risuonavano spesso agli

orecchi i ricordi del tempo passato, le bene­

merenze e la signorilità della disciolta azien­

da, volle tentare, se fosse possibile ricondur­

re il teatro Imperiale al suo splendore. Com­

mise quindi al suo ciambellano De Heuss,

incaricato specialmente della vigilanza sui

teatri, di studiare un progetto di riforme e

di modificazioni da introdursi per ritornare

le cose al loro stato primitivo. Il De Heuss si

cinse a ll’opera e condensò il risultato delle

sue ricerche e dei suoi studi in tre rapporti,

dei quali i due primi hanno carattere più

■ A * * 1 6 MÀ

specialmente interlocutorio, mentre il terzo

ha maggiore importanza, perchè più con­

creto. Esso si fondava essenzialmente sulla

ricostituzione della Società caldeggiata dal

conte di Luserna. Il lungo documento man­

ca di un allegato, in cui si riassumono cer­

te informazioni utili per la stipulazione del

contratto.

Il

principe fece condensare i tre memoriali

del suo ciambellano in un documento, che

spedì a Parigi per la decisione definitiva. Si

proponevano vari progetti, ma l’imperatore

scelse il primo, pel quale il teatro doveva

essere dato in esercizio alla Società dei qua­

ranta proprietari ; la quale per altra parte

aveva pretese assai modeste, talune delle

quali ci potrebbero lasciar credere, che i

componenti si accontentassero di molto fu­

mo (165). Dalla lettera del duca del Friu­

li ( 166) colla quale si j

iva al principe

Borghese la volontà dell’ imperatore e la

concessione pel primo anno di un assegno

straordinario di ventimila lire, appare an­

cora, che di anno in anno lo scrivente

Ronconi et doni je m'empresse de ootis faire ici l'acquit.

Ce doublé trait de politessc, pour le quel je ne saurais

tèmoigner de réconnaissancc grave pour toujours dans

mon

àme

un

désir piquant de vos ordres, dont je fais le

plus grand cas et me rappellent sans cesse la noble et

marquee bienvcillance d'un administrateur eclairé, à qui

j ’ai le sort de me S re avec un tris profond respect et

coruidération.

Très humble et très obeissant V .

V i n c e n t L a v ig n a ,

maitre musicie.

Milan, a

26

fevrier

1809.

(Arch. Municipale. Carte della Domin. francese).

(165) Questi signori chiedevano una dotazione annua di

lire venticinque mila, e volevano che il Principe Borghese

concedesse loro l'onore di venirgli ad annunziare seral­

mente, che

lo

spettacolo era pronto e di accompagnarlo sino

ai suo palchetto per riceverne gli ordini direttamente e

senza intermediari. In terzo luogo, che egli quando fosse

assente, durante la stagione del teatro di Corte, la Società

non dovesse ricevere avvisi, suggerimenti, o comandi da

altri, quando però non lo avesse prima fissato, affidandogli

la cura di vigilare sulla esatta esecuzione del capitolato

stesso.

(166) Il generale Durvoc grande maresciallo di Palazzo.

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