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Lida, se non furono degni di essere ascoltati

ed ammirati come i

Riti di Efeso,

incontra­

rono però la simpatia del pubblico. Per cu ­

ra di numerosi sottoscrittori, poi, a capo de:

ciuali figurò il principe Borghese, i pezzi m i­

gliori dell’opera, trascritti dal compositore

boemo Francesco Dusseck, residente in

quel tempo a Torino, vennero editi con be l­

la veste dall’editore torinese Festa, e dedi­

cati allo stesso principe, detto Governatore

Generale dei Dipartimenti al di là (? !) delle

Alpi.

Questi furono i primi pezzi staccati d ’o ­

pera per canto che si pubblicassero in T o ­

rino.

Come pel consueto, il 25 gennaio fu ese­

guita la solita cantata per l ’onomastico del­

la Principessa Paolina. Tetide, la Senna, il

Po furono impiegati dal Marenco per espri­

mere i sensi di devozione e di affetto, che

legavano le regioni cisalpine al loro magna­

nimo Imperatore e alla sua Augusta Sorel­

la. La non meno sciita rappresentazione di

prosa e di allegoria servì a celebrare l’ono­

mastico dell’ imperatore.

Siamo a ll’ultima stagione di carnovale,

che i Torinesi trascorsero sotto il più o meno

desiderato dominio francese. Le vicende

politico-militari si riverberavano anche sugli

spettacoli teatrali. Il pubblico, fatto irre­

quieto, nervoso accolse accigliato un

Baia-

rette,

che il Pietro Generali da Masserano

Biellese aveva avuto l ’incarico di scrivere

per l’apertura della stagione, e il

Pico e

Canente,

azione coreografica, nella quale il

coreografo Luigi Angiolini aveva voluto

spezzare e rinnegare le antiche tradizioni e

chiarirsi un riformatore dell’arte, riducendo

la parte danzante al solo passo a due. Che

la terra sia loro leggiera.

Per secondo spettacolo era annunciato un

Cesare in Egitto,

melodramma del cavaliere

Luigi Andrioli, vestito di note dal maestro

Èrcole Paganini di Ferrara. Il poeta aveva

voluto essere un competitore del coreografo.

Aveva inserito nel suo libretto, che dal lato

della forma non era senza pregi, una dichia­

razione, colla quale protestava di avere volu­

tamente fissato di allontanarsi dalla storia

per seguire l ’intreccio di un’azione coreogra­

fica, recante lo stesso titolo e già posta in

scena dal coreografo Gioia al teatro Carigna­

no, ove aveva ottenuto un grande successo.

A dire il vero, questa ragione non gli fu me­

nata buona, e gli venne fatta qualche osser­

vazione. Strano a dirsi però, mentre l ’An-

drioli si valeva di un ballo per comporre un

libretto d ’opera, il coreografo Angiolini sce glieva per argomento di un ballo il libretto

di un melodramma, la

Foresta di Herman-

stadt,

notissimo a quei tempi e musicato da

vari autori, fra i quali anche Carlo Coccia.

Questa volta però vi aveva, bontà sua, in ­

tercalato qualche ballabile.

A l maestro Paganini fu fatto anche l ’ap­

punto di avere introdotto nel suo lavoro trop­

pi cori e troppi pezzi concertati. Il

Courrier

de Tuirn,

poco soddisfatto dell’opera,

tenne

a dare un monito al suo autore, e , a propo­

sito

des eloges, que le pubblic lui a donné,

gli ricordò che

le jugement du parterre de

cette ville est aussi sevère qu impartial.

Il

compiacimento del pubblico si rivel

del tutto pel balletto

Le due Zingare, o la

Fontano che ringiovanisce i vecchi.

Con es­

so si abbandonò la linea troppo grandiosa e

spesso tragica di altri lavori congeneri per

far ritorno alla semplicità di un tempo, me­

no eroico. La trasformazione dei vecchi ca­

denti in giovani arzilli suscitò una ondata

di generale ilarità.

La cantata per l ’onomastico della princi­

pessa Paolina fu lasciata in disparte. La

festeggianda e la sua Corte avevano già ab ­

bandonato Torino. L ’astro Napoleonico vol­

geva ormai al suo tramonto e l ’isola d ’Elba

cominciava a profilarsi lentamente sull’oriz-

z o n t e .

s C O R D E R O D , p a m p a r a t o