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Licia, sr non furono degni di essere ascoltati

ed ammirati come i

Riti di

i.fe

so ,

incontra­

rono però la simpatia del pubblico. Per cu­

r i di numerosi sottoscrittori, poi, a capo de:

finali figurò il principe Borghese, i pezzi m i­

gliori dell'opera, trascritti dal compositore

boemo Francesco Dusseck. residente in

quel tempo a Torino, vennero editi con b e l­

la veste d a ll’editore torinese l esta, e dedi­

cati allo stesso principe, detto Governatore

Generale dei Dipartimenti al di là (? !) delle

Alpi.

Questi furono i primi pezzi staccati d ’o ­

pera per canto che si pubblicassero in I o-

rino.

Come pel consueto, il 2 i gennaio fu ese­

guita la solita cantata per l'onomastico de l­

la Principessa Paolina. 1 etide. la Senna , il

Po furono impiegati dal Marenco per espri­

mere i sensi di devozione e di affetto, che

legavano le regioni cisalpine al loro magna­

nimo Imperatore e alla sua Augusta Sore l­

la. La non meno solita rappresentazione di

prosa e di allegoria servì a celebrare l’ono­

mastico d e ll’ imperatore.

Siamo a ll’ultima stagione di carnovale,

che i Torinesi trascorsero sotto il più o meno

desiderato dominio francese. Le vicende

politico-militari si riverberavano anche sugli

spettacoli teatrali. Il pubblico, fatto irre­

quieto, nervoso accolse accigliato un

Baia-

rette,

che il Pietro Generali da Masserano

Biellese aveva avuto l ’incarico di scrivere

per l ’apertura della stagione, e il

Pico e

Cariente,

azione coreografica, nella quale il

coreografo Luigi Angiolini aveva voluto

spezzare e rinnegare le antiche tradizioni e

chiarirsi un riformatore dell’arte, riducendo

la parte danzante al solo passo a due. Che

la terra sia loro leggiera.

Per secondo spettacolo era annunciato un

Cesare in Egitto,

melodramma del cavaliere

L uigi Andrioli, vestito di note dal maestro

tr co le Paganini di Ferrara. Il poeta aveva

voluto essere un competitore del coreografo.

Aveva inserito nel suo libretto, che dal lato

della forma non era senza pregi, una dichia­

razione, colla quale protestava di avere volu­

tamente fissato di allontanarsi dalla storia

per seguire l’intreccio di un’azione coreogra­

fica. recante lo stesso titolo e già posta in

scena dal coreografo Gioia al teatro Carigna-

no, ove aveva ottenuto un grande successo.

A dire il vero, questa ragione non gli fu me­

nata buona, e gli venne fatta qualche osser­

vazione. Strano a dirsi però, mentre l ’A n ­

drioli si valeva di

1111

ballo per comporre un

libretto d'opera, il coreografo Angiolini sce

ulieva per argomento di un ballo il libretto

di un melodramma, la

Foresta di Herman-

stadt,

notissimo a quei tempi e musicato da

vari autori, fra i quali anche Carlo Coccia.

Questa volta però vi aveva, bontà sua, in

tercalato qualche ballabile.

Al maestro Paganini fu fatto anche l'ap ­

punto di avere introdotto nel suo lavoro trop­

pi cori e troppi pezzi concertati. Il

Courrier

de I uirn,

poco soddisfatto dell’opera, tenn*3

a dare un monito al suo autore, e, a propo­

sito

des eloges, que le pubblio lui a donné,

$>li ricordò che

le jugement du parterre de

cette ville est aussi

sevère

qu'impartial.

Il

compiacimento del pubblico si rivelò

del tutto pel balletto

L e due Zingare, o la

Fontano che ringiovanisce i vecchi.

Con es­

so si abbandonò la linea troppo grandiosa e

spesso tragica di altri lavori congeneri per

far ritorno alla semplicità di un tempo, m e ­

no eroico. La trasformazione dei vecchi ca­

denti in giovani arzilli suscitò una ondata

di generale ilarità.

La cantata per 1 onomastico della princi­

pessa Paolina fu lasciata in disparte. La

lesteggianda e la sua Corte avevano già ab ­

bandonato Torino. L ’astro Napoleonico vol­

geva ormai al suo tramonto e l ’isola d 'E lba

cominciava a profilarsi lentamente su ll’oriz-

zonte.

s _

CORL ) ERO D1

p a m p a r a t o

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