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vi

capitassero per dare rappresentazioni

straordinarie, più del limite fissato dalla let­

tera di licenza, sotto la pena del versamento

alla Cassa dei proventi delle recite fatte in

più. Dalla minaccia di castigo per le perso­

ne, che nei palchi stessero sedute in modo

da volgere le spalle alla platea, oppure la­

sciassero sui parapetti dei palchi, fazzoletti

o scialli. Si congiungeva colla esclusione

dalla professione di impresario teatrale di

coloro, che avessero fatto già fallimento. 11

divieto di chiudere o di aprire i palchi o di

passeggiare nei corridoi in modo da distur­

bare lo spettacolo era sancito rigorosamente.

La stagione del 1807 in 1808 esordì con

alcune serate straordinarie, per festeggiare

la presenza dell’ Imperatore in Torino. 11

ventisei dicembre fu eseguita una cantata ;

il ventisette ebbe luogo una festa da ballo

con maschere, il ventotto venne rappresen­

tata tra l ’altro una allegoria in due parti in­

titolata : Le

retour de la Grande Armée.

Fète triomphale célèbrée sur le theatre Im­

periai, hommage ofjert à Napoléon le Grand

Impereur des Frangais, roi d'Italie, Protec-

teur de la Conjédération Rhénane, par la

ville de Turin

(162). La parte musicale di

questa allegoria fu composta dal torinese

Giorgio Anglois, padre del celebre contra-

bassista. In detta serata, nella seconda par­

te intitolata « drammatica » venne eseguita

un cantata

L ’incoronazione,

composta da

P . L . Raby e da Bernardino Ottani.

Sugli spettacoli della stagione di carno­

vale sappiamo, che

YAdelasia e Aleramo,

melodramma del Romanelli, vestito di note

dal Mayr, non ebbe molto incontro. La mu­

sica fu trovata troppo scientifica e poco orec­

chiabile. Maggiore incontro ebbe invece il

secondo melodramma :

La conquista delle

Indie Orientali,

del Gian Domenico Bog-

gio, musicata da Vincenzo Federici.

A Stefano Pavesi e a Vincenzo Lavigna

toccò di scrivere le due opere della stagione

del

1 8 0 8

in

1 8 0 9 .

Il primo ebbe a musicare

un libretto di Gaetano Rossi, poeta dei teatri

di Venezia, che incontrò il genio del gior­

nalista. il

Cherusci,

che era andato a scovare

nelle terre lontane fra il Weser e l ’Elba, sul

versante orientale della Selva Ercinia, ove

Giulio Cesare gli erano sembrati non inte­

ressanti. La musica fu giudicata monotona e

troppo uniforme, quantunque i recitativi

obbligati fossero maestosi, i cori e un ter­

zetto grandiosi. II ballo dato con quest’o­

pera non soddisfece che in parte

( 1 6 3 ) .

Il

Lavigna fu più fortunato col suo

Pal­

merio e Claudia,

quantunque si dicesse, che

il lavoro appariva un po’ frammentario.

Per festeggiare l ’onomastico della princi­

pessa Paolina Borghese la sera del venti­

cinque gennaio fu eseguita nell’opera una

ii

licenza

», composta da P. L. Raby e mu­

sicata dallo stesso Lavigna, al quale il ba­

rone Negro fece per questa composizione

un dono di dodici luigi d ’oro

( 1 6 4 ) .

Mentre ancora la Società Piacenza regge-

(162) « La fcte v compose de deux allégories, l'une

pantomime, I autre dramatique : Les personnages de la

première sont : ia Gioire, la Paix, Apollon, Mars, Nep-

tune. Ceux de la seconde, sont le Genie de la France.

la Victoire. la Valeur.

Pour servir à l'effet de la décoration on a dù hgurer un

Are de Triomphe vis à vis du Palais de Tuilerie* ».

(163) « L e

ballct nous a fait croirc

un

istant,

que

noti»

assistions à la rcprctcntation d'unc tragèdie d e S h a k e­

speare . L e mariane d'un roi,

/c*

diseur d e bonn e aven

ture, une mnrt qu i n'en n'est pas une, un enterrem ent

m agnifique, d es tom beaux. de* voleur», d e* rencontre*

iruittcnducs. d e* rcconnistancci. d e* bataiìle* et un lieto

fin e en

voilà

a sse: pour

noui

rappeler R om eo et Ju lielte,

Ham let, eie. Mai* S h akesp eare a rachcté le* défau t* d e

lu compo*ition don* c e* pièce* par d e* trait* d e gen ie

surprenanl* et on doit sentir que le com p otileu r du ballct

n'ett pas Sha^ e*peare

». Il ballo, di cui ii parla, era

Ari-

tp in g h e e L indan e

del coreografo Lorenzo Panzieri.

(164)

M cn àeu r le Maire tré* estim é.

L e souvenir dont vou* venez d e m 'honorcr, flotte d'au-

tant plus mon am our propre, qu e j'autai*

moina osé m 'en

prom ettre l'aveu d une ville et d'un perwonnage d e grande»

lum ière*, et d ’excellcnt gcut dan* le* tcien ce* et don*

le* art* libérau

Vou» acez coulu. Montieur. y joindre l'aim able sur-

prisc d

"nn

p r e te r ì d e dou ze loui*.

que

je rc<,oi* d e Mona