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na » gli istituti della Marchesa Barolo, sem­

plicemente chiama « Cottolengo » « Don

Bosco » l’opera dei due Beati, come se essi,

tutt’ora viventi, continuassero a presiedere,

animare l’opera loro.

Questa popolarità Don Bosco trae dalla

sua azione cristianamente civile e sociale,

che non svolse soltanto fra le classi umili.

Interessante sfogliare il suo voluminoso

epistolario. Era in relazione con tutta la no­

biltà piemontese, con le figure più eminenti

e della finanza e della politica e delta cul­

tura : la Reggia come quasi tutte le fami­

glie più agiate e più influenti di Torino ospi­

tarono Don Bosco, invocante aiuti morali,

finanziari per i suoi biricchini, in prevalenza

orfani e fanciulli abbandonati. L una clas­

se, i poveri, beneficava impartendo ai gio­

vani educazione e istruzione; l'altra classe,

i ricchi, beneficava rendendoli strumento di

bene, partecipi delle opere buone, facendoli

cooperare alle sue iniziative, così che per

gli uni l’opera di Don Bosco riesce « nostra »

per averne goduto la squisita carità, ner gli

altri « nostra » per il santo orgoglio di aver­

vi potuto, sia pure in minimissima parte,

portare un qualche contributo.

E questa sua singolare azione sociale non

volle che andasse perduta dopo la sua morte

e però creò

l'associazione dei Cooperatori,

ai quali, morente, volle dire che quel poco

di bene che aveva potuto realizzare era me­

rito ed opera loro.

Nessuno come Don Bosco fu così strenuo

eccitatore delle classi agiate alla carità, nes­

suno come Lui eccitatore delle classi meno

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