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Per Im ic/enza tulio è ut/le
a top in i anche quello
che pare iiulgnlficanle
A. MURRI
I colombi della città di Torino
R i c e r c h e s t o r i c h e s u l c o l o m b o nel P i e m o n t e
Le ore di passeggio, che ci distraggono
dalle cose relative al nostro ufficio, richie
denti ogni diligente attenzione, costituiscono
per tutti uno svago. Però se taluni che per
corrono determinate strade non vedono che
persone, altri invece i quali amano spaziare
in un altro ordine di idee sono sovente stimo
lati a non sorvolare su cose di poca impor
tanza per se stesse, ma presentanti partico
larità leggiadre onde richiamarvi qualche
dettaglio e rivolgervi alcune considerazioni.
Un esempio, spettacolo gentile e profu
mato di una vaga poesia di misticismo e di
una sorprendente tavolozza di colori in una
frenetica disarmonia di tinte, ci è offerto dai
colombi sia che
sugli ardui
templi e
su
le torri antiche
de le cittadi appeser molti il nido
sparsi in colonie per diverse biche
sia che qua e là tra il grigio del pavimento
stradale ornino della loro grazia irrequieta
qualche punto delle piazze.
Questi innocenti abitatori dell’aria citta
dina s'adunano sui cornicioni o sulle gron
daie dei palazzi, partono incolonnati per un
placido volo, ritornano discendendo rapida
mente in maggior numero perchè altri com
pagni si sono aggiunti al gruppo.
Se talora i colombi in un primo tempo si
allontanano per il lancio delle granaglie, si
avvicinano di poi sempre più ai benefattori ;
ed è di ogni giorno il vederne alcuni che
beccano semi direttamente dalle mani. Sono
di tutti e dì nessuno perchè Torino non ha
— credo — sistemato lo stato civile dichia
randoli di proprietà comunale. Vestono un
abito di gioventù ed oserei dire di pace che
l’armonizza coi nostri pensieri. Vivono in
una domesticità riservata, in una collegan
za festosa e bonaria, in una beatitudine di
libertà che non conosce diffidenza e non
sdegna : il passaggio delle vetture a cavalli,
delle automobili, delle carrozze tramwiarie ;
la vicinanza delle persone di cui alcune di
mostrano di conservare per loro premurosa
amicizia di pacifici viandanti nella più am
pia padronanza.
Paragono i colombi cittadini a quelle per
sone che pur ridotte all’infimo grado della
indigenza
UCii
abbandono, non hanno la
iniziativa per bussare alle porte di un dor
mitorio pubblico e preferiscono l ’alloggio
notturno a ll’aperto sulle porte delle chiese,
negli anfratti, sotto le loggie, perchè malate
di una strana manìa di vagabondaggio e di
sconfinata libertà per cui non possono sop
portare nessun genere di costrizione e di
disciplina in un ricovero di mendicità. E*
ben raro il caso che i colombi stazionanti
sui pubblici edifizi, rinunzino all’assoluta
libertà per andare ad occupare colombaie
private, mentre succede invece, e su larga
scala, il contrario, cioè che molti di essi di
sertino le proprie voliere per andare ad im
brancarsi coi liberi fratelli. Una prova ce
l’ha fornita un sacerdote in via Roma. Que
sti ha fatto costruire nella sua rasa una co
moda colombaia e coll’esca del mungiip*
ha tentato nchiamarveli. Ma non vi riuscì
perchè l’adatto asilo rimase deserto durante
le notti.
I colombi hanno preso stabile
dimora
t ini