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Per evitare la diffusione od una recidiva

della peste un ordine del magistrato gene­

rale di sanità di Torino in data del 28 ot­

tobre 1599 prescriveva l’uccisione dei co­

lombi tanto nelle case infette od anche solo

sospette, quanto nelle case risanate o che

furono sempre immuni sotto pena di tre

tratti di corda o di altra pena pecuniaria

ad arbitrio del predetto magistrato.

Nella seduta del 27 giugno 1720 sempre

a Torino

à la Chambre de Comptes

venne

disciplinata la costruzione delle colombaie

e ciò per porre fine agli abusi che si erano

verificati per il passato da parte dei conta­

dini e dei non nobili.

In antico dominava il concetto che il co­

lombo fosse dannoso alla campagna. Con

bando campestre della città di Torino in

data 19 giugno 1724 veniva proibito ai pro­

prietari dei terreni di allevare i colombi sot­

to pena di mezzo scudo d'oro per ciascun

paia, ad eccezione di coloro che possede­

vano cascine dell’estensione di 40 giornate.

Per la città di Asti invece (ordine in data

del 15 dicembre 1719) le colombaie pote­

vano sussistere ed essere costruite nelle ca­

scine dell'estensione di 50 giornate. Le pre­

esistenti dovevano essere demolite se face­

vano parte di cascine non raggiungenti tale

superficie. 1 colombi trovati nei seminati

potevano essere o uccisi o presi; i relativi

proprietari erano multati di 3 soldi per ogni

colombo e per ogni volta. Era però permesso

l’allevamento di non oltre 6 paia di colombi

domestici purché non tenuti in colombaia

od in edificio avente tale carattere, sempre

che però non fossero trovati a pascolare

nelle terre altrui.

Oggi invece è saputo che ci troviamo in

presenza di un uccello non razzolatore, che

cioè scovi colle zampe il seme nascosto per

farlo venire alla superficie ed inghiottirlo;

tutt al più col becco può smuovere qualche

beve ostacolo che ricopre il seme ; che a ri­

guardo del cibo animale esso riesce utile

alla terra perchè, alla pari di altri pennuti,

la libera da voraci piccole bestiole quali ad

esempio possano essere le lumache.

Perciò gli scienziati, attenti osservatori

della natura e quindi delle condizioni etolo­

giche anche del colombo, sono contrari a

considerare questo uccello dannoso all’a­

gricoltura.

Nell’antica legislazione vi erano due arti­

coli concernenti i colombi. Uno era quello

del 4 piovoso anno XII relativo alla distin­

zione dei beni. 1 piccioni delle colombaie

erano immobili per destinazione; conside­

rati cioè « fra quegli oggetti che il padrone

del fondo vi ha messi per servizio e per la

coltivazione di tale fondo » (art. 524). L ’al­

tro era quello del 6 piovoso anno XII sul

diritto d ’accessione relativamente alle cose

immobili : « Li colombi che passano in un

altro colombaio appartengono al proprieta­

rio di questo oggetto purché quelli non vi

sieno stati attratti con frode ed artifizio »

(art. 564).

Il regolamento di polizia di Torino del

1847 conteneva un articolo sul divieto di te­

nere in qualunque luogo della città un nu­

mero eccessivo di colombi per le sozzure e

cattive esalazioni che ne derivavano. Esso

era stato riprodotto da un manifesto — che

veniva annualmente rinnovato — dell’uf­

fizio del Vicariato in data del 4 gennaio

1842 per la conservazione della nettezza e

della pubblica sanità in Torino e nelle sue

adiacenze.

Da queste poche notizie storiche si argui­

sce che in Piemonte l’allevamento del co­

lombo non poteva praticarsi su larga scala a

motivo delle restrizioni, quasi mai giustifi­

cate di carattere sociale, agricolo ed igieni­

co. Sotto il primo aspetto è noto che ai

nobili era riserbato il privilegio gelosissimo

della colombaia, quale simbolo di signoria,

come se i colombi spargendosi per cibo nel* 5 8 4 *