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tati. Certo che tale opera non è da parago­

narsi all’impulso vasto e complesso del Fa­

scismo dato oggi all'agricoltura della nuo­

va Italia.

E ’ noto che esperti animalisti, pittori e

scultori classici ed accademici, hanno ri­

prodotto tigri in agguato, leoni che gioca­

no, felini che si azzuffano con massicci ele­

fanti, pantere, prostese con regale indolenza

e sovratutto cavalli, i quadrupedi maggior­

mente amati e meglio conosciuti. La ripro­

duzione artistica di questi ultimi data da

tempo immemorabile; sono stati dipinti e

modellati in mille guise con arte piena di

grazia, di forza, reminiscenze classiche, di

osservazioni dirette.

G li artisti si sono volti anche abbastanza

attentamente ai bipedi fra cui : il gallo, spe­

cie il così detto combattente in pose dram­

matiche di lotta, di fuga, di rincorsa ; il pa­

vone mostrantesi vago dei proprii ornamen­

ti ; il fagiano appollaiato ; il cigno candido

che nuota nei laghetti di maestosi parchi ;

gli uccelli comuni e proprii dell’arte vena­

toria, specie nelle così dette nature morte,

che allettano il nostro sguardo colle varie

loro forme, aspetti, colori. Il colombo in­

vece nell’arte non ha avuto a Torino e nel

Piemonte cultori nè dotti nè appassionati.

Pare che abbia anche lasciato indifferente

gli artisti delle altre città e nazioni, ad ec­

cezione del colombo di Venezia che si trova

in tutte le stampe ed in tutti i quadri vene­

ziani. Fra i Piemontesi — sembra — solo

Lorenzo Delleani, Biellese, nella sua opera

giovanile del 1874 « Sul molo di Venezia »,

ha incidentalmente ritratto alcuni colombi

che pascolano sulla piazza ed altri che stan­

no su capitelli in atto di riposo. Nelle altre

regioni italiane la mia ricerca, che non è

invero accurata perchè mi sarebbe stata

troppo ardua, registra un Domenico Car­

nevale, Modenese, che secondo Vedriani

« dipingeva cornici tanto naturali che pare-

\ano di rilievo e nessuno lo credeva, se,

prima coi diti propri non le toccava e quel­

le che effigiò per suo spasso nelle facciate

delle colombaie ingannavano i semplici co­

lombi, quando si affaticavano di riposarvi

sopra nel ritornare a casa ». La mancanza

di altre opere d ’arte sta a prova non dub­

bia di quanto l ’amore pel grazioso uccello

ron sia stato per nulla sentito dai pittori e

dagli scultori.

I poeti invece non hanno dimenticato il

colombo. Fra gli antichi greci Anacreonte di

Teo, circa 5 secoli avanti Cristo narra di

una colomba portatrice di messaggio in una

sua ode considerata forse la più bella. Fra

i latini Giovenale. I nostri maggiori poeti

(Dante, Tasso, Tassoni) gli hanno dedicato

splendidi, versi che ognuno sa o dovrebbe

sapere. Fra i francesi La Fontaine, che sotto

i nomi degli animali atteggiò le passioni

umane e di essi sceneggiò la vita, non tra­

scurò il colombo. Fra gli inglesi : Shake­

speare; Wordsworth, il poeta della natura,

che mentre percorreva il suo viale favorito

s< arrestò ad ascoltare un colombo che stava

grugando alla sua compagna e sul momen­

to fermò nei suoi mirabili versi la propria

riflessione; Moore; Browning. Fra gli ita­

liani del secolo XIX : Bertola che ritrasse la

vita di pace e di amore dei colombi; e

G . Prati ; più recentemente M. Sappa che ha

descritto maestrevolmente il colombo delle

torri. I cultori della lirica popolare (Fer-

raro. Tigri, Grottaminarda, Gianandrea,

Corazzini, ecc.) essendo questa in gene­

rale amorosa hanno lasciato versi che ta­

lora non mancano di movimento dramma­

tico, tal’altra sono gentili e pieni di senti­

mento. Certi stornelli, alcuni rispetti e so­

vratutto non pochi strambotti costituiscono

« veri fiori di campo, dai delicati colori, dai

soavi profumi, belli di una freschezza eter­

na, come la natura che li ha prodotti ».

Dr.

R

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