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n 'He nicchie, nelle modanature e fregi, nei

davanzali delle finestre, nelle sporgenze dei

muri, sull’orlo delle grondaie, nelle punte

dei comignoli delle vecchie costruzioni che

si elevano proprio nel cuore di Torino. E

precisamente : del palazzo dell’Accademia

delle Scienze, di giorno affluiscono nume­

rosi in piazza San Carlo presso l'angolo di

via Maria Vittoria, il punto più tranquillo

di tutta la piazza; della chiesa di San Gio­

vanni e palazzi reali adiacenti, durante il

giorno si riuniscono presso il campanile di

detta chiesa ove il pubblico getta loro il

cibo; del palazzo Madama, convengono per

mangiare presso il monumento ai Cavalieri

d ’Italia ; del palazzo Carignano il cui angolo

che guarda piazza Carlo Alberto e via Bat­

tisti serve loro di punto di adunata. I nuclei

più numerosi di colombi hanno prediletto

queste dislocazioni, altri invece, di gran

lunga inferiore per numero, hanno scelto ad

alloggio chiese e precisamente della Con­

solata, di Santa Cristina, di Santa Teresa,

di San Massimo, di San Filippo oppure al­

cuni fabbricati ; cioè Mole Antonelliana, ca­

serme di via Verdi, ecc., ed in generale gli

edifìzi alti ed antichi, da cui scende tratto

tratto un lieve ondeggiare di piume, per­

dute che sfioccano lente nell’aria, quasi

questi alati abitanti si compiacessero domi­

nare il panorama della città e delle non lon­

tane Alpi. Le predette dimore sono in realtà

preferite per la esistenza sia dei buchi nei

muri destinati all’impianto dei ponti, adat­

tissimi alla costruzione dei nidi, sia delle

spaziose piazze le quali dànno agio di potere

pascolare e servono al richiamo e successi­

vamente a trattenere i colombi dispersi, pro­

babilmente sfuggiti dal piombo di qualche

tiratore nelle frequenti gare a volo.

Altri gruppi di colombi che passano il

giorno a volare da finestra a finestra, da an­

golo ad angolo, per ricevere le bricciole che

ogni famaglia distribuisce regolarmente, si

trovano concentrati in diversi altri rioni e

strade (stazione Porta Nuova, ecc.).

Però se taluni di essi potranno essere,

dirò così, accattoni, una buona parte appar­

tengono a privati allevatori. La purezza del­

la loro razza e la presenza deH’anelIo della

Federazione colombofìla, applicato ad una

gamba, stanno appunto a dimostrare la ve­

rità di tale ipotesi. Così dicasi del piccolo

branco della piazza Gran Madre di Dio,

della piazza dell’ex barriera daziaria di M i­

lano, della piazza Vittorio Veneto, dell’e­

stremità di corso Oporto, della piazza Ema­

nuele Filiberto, ecc.

Nel 1911a Torino esisteva il colombo tor­

raiolo propriamente detto (columba - <. ivia

turricola - Bonaparte) ripartito in tre nuclei

principali dislocati : uno nei palazzi della

Accademia e Carignano e nella chiesa di

San Filippo; l’altro in quella di San Mas­

simo ; il terzo nelle caserme di via della

Zecca e nella Mole Antonelliana. Altre

coppie di colombi torraioli, già incrociati col

viaggiatore belga, si trovavano in altri anti­

chi edifìzi cittadini (palazzi reali, chiesa del­

la Consolata, ecc.). Scoppiato il confitto eu­

ropeo sì questi che quelli non erano aumen­

tati di numero. La causa certa di tale man­

cata riproduzione non fu possibile conosce­

re. Non era giustificato nè l ’attribuire a ma­

lattie che in altre città, però molti anni ad­

dietro, avevano serpeggiato tra le quali la

difterite, il vaiolo, il mal dell ala e 1oftal­

mia, inquantochè non venivano rilevati co­

lombi morti od ammalati per le strade, nè

1incolpare i cittadini i quali, per non essere

molestati, pensavano a sopprimerli Mi

sembrò più probabile l ’uccisione da parte

dei cacciatori specie nei mesi estivi, allor­

quando i colombi in cerca di alimento per

sostenere sè ed allevare la prole erano co­

stretti a battere la campagna.

Allorché la guerra non mostrò più il suo

volto livido sui rossi orizzonti dell’ Italia la