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Mentre la questione della lingua è tornata ad essere

oggetto di polemica, ci pare non priva di interesse la

pubblicazione di queste pagine di Alfredo Panzini; la

Sua parola, su questo tema, sarà ascoltata sempre con

un senso di riverenza che egli seppe pienamente meritarsi.

La lingua italiana fu, nei secoli che furono, il maggior vincolo unitario quando

l’Italia, per fatali leggi di storia, era in più parti divisa. Con l’Italia congiunta

in unità, con l’Italia rinnovellata di novella vita... (sembra un dono speciale

concesso dal Dio all’Italia, questo di rinnovarsi: ringiovanire), con l’ Italia regina

e imperatrice (un secolo fa era chiamata dai signori d’oltre alpe e d’oltre mare

la «Niobe delle nazioni * e anche « la terra dei morti * — ora forse si dolgono

che è troppo viva), con l’Italia disciplinata (Torquato Tasso si lamentava che l’Italia

con tutti i doni che ha, non avesse la disciplina), con l’ Italia splendente oggi fra

le maggiori costellazioni politiche del mondo (Dante la chiamò, con il sublime

suo esagerato amore, « Ahi, serva Italia, di dolore ostello ») la lingua italiana

oggi è più che una questione filologica. È strumento di volontà, è segno di onore

nazionale, è arma di combattimento, è vessillo sonoro della Patria.

In questo siamo tutti d’accordo.

Le utopie da tanti accarezzate di un esperanto che valesse con un solo lin­

guaggio ad affratellare le varie genti, sono cadute, ahimè, anche prima del luglio

I9 1 4 '

Un nobile poeta del ’6oo ci lasciò, a proposito dell’ Italia, .......erso molto

sconsolato:

Deh, fossi tu men bella o almen più forte.

Qualcosa di simile si potrebbe dire della lingua italiana: molto bella, molto

musicale, molto libera nella sua struttura, molto limpida: molto nobile! Ma anche

molto facile a intorbidarsi e corrompersi. Dipende ciò dall’invasione delle parole

forastiere? da parole camuffate all’italiana e che hanno preso il posto, senza che

noi ce ne accorgiamo, della parola equivalente italiana? §e però saggiamo (volevo

dire controlliamo) col parlare del popolo dei contadini, ce ne accorgiamo subito.

O non piuttosto dipende da un mutamento nella struttura? Qui non sembra

che si vada d’accordo! C ’è chi pensa alla espulsione delle parole straniere. Era

l’aspirazione dei cari e buoni nostri vecchi puristi, i quali non consideravano

che la lingua italiana nel secolo aureo era aurea non perché fosse esente da parole

straniere (che anzi ne abbondava: provenzali, francesi, tedesche, arabe), ma perchè

era giovane, e fresca, e vitale.

Quando la parola straniera è indispensabile, o si è imposta con la forza del­

l’uso, non c’è doganiere che la fermi o guardia che l’arresti.

C ’è chi pensa sia cosa possibile creare parole nuove nostrane da sostituire

a quelle straniere.

E lecito e sarà sempre lecito introdurre parole segnate col contra-segno

della modernità. È Questa una delle più conosciute antiche sentenze su la evolu­

zione dei linguaggi. Ma in che modo questa introduzione? Ogni persona chiamata

a sostituire una parola straniera con una parola italiana, risponde: Pronti! Ma

in pratica è un'altra cosa. I linguaggi si muovono di continuo come il mare: se

non si movessero, sarebbe mare morto. Ma altro è il muoversi, altro è l'uragano.

In pratica, nel commercio della vita, è la parola precisa, indicante esattamente

la cosa, da tutti intesa, di Qualunque linguaggio sia, quella che prevale.

Ecco qualche esempio. Prendiamo la parola: velivolo per aeroplano. Bellis­

sima, di illustre creazione. Latino

velivolus.

quasi nave che vola. Fu voce

ufficiale durante la guarà. Non ha resistito. È decaduta.

Altre volte la soshturinnf si forma per una forza spontanea nei genio del

linguaggio.

Par anióni

Oggi si dice«per via aerea». I nostri nonnidicevano

emreloppe,

oggi tutti dicono «busta». Con le prime ferrovie si diceva uqgAn,

tènder

,

tumd.

Voci acomparse! C è chi

pam

dare il battesimo della italianità a tutte le parole