

ricnza fatta >ul popolo per tre anni non gli
lasciava presagire una favorevole sorte. Non
<:li restava che rinunziare all'argomento u
cambiare la forma d'espressione e miglio
rarla. « intendendo io per migliorare lo !»tile
renderlo grato a tutti, poiché quella io credo
ottima cosa la quale dal pubblico viene applau
dita . Si risolse per la seconda via. « Il verso >
si chiedeva « ha il maggior merito sul teatro
francese e perchè non potrebbe averlo sul
l'italiano? Ma il verso de’ Francesi è rimato;
proviamo dunque a rimarlo... . Annulla sen
z'altro il manoscritto e ripiglia da capo: atto
primo, scena prima. « Ecco » conclude « come
indotto mi sono a convertire in versi rimati
qucH'atto di commedia... e sembrandomi rima
nerne contento, proseguii sino alla fine .
Non nasconde le sue trepidazioni mentre,
lontano, attendeva di conoscere le acco
glienze riserbate al
Molière
nella sala dell’ex
Trincotto:
« Aspettavo le nuove siccome un
padre attende dalla partoriente sua sposa
la notizia di un primogenito... allorché in
Genova giuntemi fortunato avviso d'un pie
nissimo aggradimento . Il accesso della com
media si rinnovò |>er parecchie sere e non
'olo a Torino e a Venezia. <• La replicarono i
«ornici a Torino più volte; in Venezia non si
-aziavano di udirla: lo !>tes*o seguì in Bologna
• d in Vlilano afferma nella lettera al Vlalfei:
ma la ««nldisfazione maggiore fu allora che
Voi. illustrissimo signor marchese, veggen-
dola rappresentata l'anno scorso in Venezia,
vi degnaste soffrirla tutta, vi compiaceste
lodarla e me medesimo onorar voleste del
vostro benignissimo compatimento >.
Dopo la dedica, sotto l'intestazione:
L 'au
tore a chi leg^e.
è pubblicata nella citata
raccolta una prefazione o nota, in cui il Gol-
doni si diffonde a raccomandar una recita
zione naturale: « Avviserò gli attori che senza
di me avessero il mio
Molière
a rappresentare,
valersi nel recitare i versi d'una maniera
secondo me la più facile per l'attore e la più
grata agli ascoltatori. Non si canti il verso,
non si declami, non gli si dia un suono cari
cato. vibrato, fuor di natura » ma, d'altra
parte, neanche lo si « avvilisca soverchia
mente, non si nasconda il metro e non fac
ciasi lo studio vano di rendere i versi una
stucchevole prosa ». Insegnamento che suona
coraggioso colpo alla vieta tradizione allora
imperante; valido contributo a una vera
rivoluzione che s'andava sviluppando nel
sistema di interpretare la poesia drammatica.
La nota si chiude con un implicito elogio
per i tipografi torinesi: « I n altra cosa dìrò
agli editori, se per av ventura ristampar voles
sero le mie commedie. Si vagliano essi esorta
il Goldoni « di questo mio esemplare, stam
pato come le commedie in versi stampar si
devono, non già di quello della edizion di
EnricoCimba (lUI-lttl)
(Galleria Civica d’Arta Moderna. Torino)