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\enezia. in cui, oltre i sensi rotti e i ver>i

confusi. stampato egli è in guisa tale come

se fosse in prosa. Poveri autori, a che sono

eglino mai sottoposti! . K se lui è prorotto

in così aspri rimproveri. «i può credergli aitila

parola: ndl'edizione veneziana il lavoro do­

veva essere «tato conciato per le feste.

* * *

Il

Molière

è una delle commedie goldoniane

cadute in oidio: non «i ristampa nè «i rappre­

senta pia da molti decenni.

La scena si svolge a Paridi, in casa «lei

protagonista. I personali sono in quo to

ordine:

Molière.

autore di commedie e co­

mico francese; la

Béjart.

comica, che abita

in ca«a di Molière:

Guerrina.

figlia della B'iart.

comica nella medesima ca«a ed amante ria­

mata di Molière: 1

alerio.

comico, ospite ed

amico di Molière:

il signor Pirlone.

ipocrita:

Leandro,

cittadino, amico di Molière:

il conte

brezza,

critico ignorante:

Foresta,

servente

di Molière:

Lesbino.

servitore .

Nelle

Memorie

i personali di contorno ven­

gono brevemente illustrati:

Pi rione

appar­

tiene alla cla«se de«:li impostori di Paridi :

nelle \e*ti di I

alerio

è timorato il Baron.

comico della compagnia di Molière :

Leandro

riproduce il De la Chapclle. amico dcllaii-

tore . h poi indicato un

conte Lasca,

rappre­

sentante. dice il Goldoni. uno di quei Piemon­

tesi clic "indicavano le composizioni teatrali

senza averle vedute, mettendo a confronto

con 1autore francese il veneziano, che è

quanto dire lo scolaro col maestro . Caso

abbastanza «trailo: il

Lasca

delle

Memorie

è diventato, nell edizione torinese, il

conte

Frezza.

hor«c il commediografo ha voluto

evitare, almeno per le stampe, ogni allusione

personale. Il riconoscimento, però, era avve­

nuto fin dalla prima recita allex

Trincotto.

I comici ed alcuni altri della città di

1orino sj legge nelle

Memorie

erano al

fatto dell'allegoria del conte Lasca... seppi

che era stato perfin riconosciuto l'originale

della critica e che il medesimo si era «limo-

strato ingenuo a segno da confessare aper­

tamente di esserne meritevole . Chi sa mai

chi aveva inteso ritrarre col nome di Lasca

o Frezza? K un segreto mondano che i con­

temporanei non pensarono a tramandare.

Nel

Molière

il conte Frezza ha le pro­

porzioni d una macchietta o poco più: non

entra che in due scene: la terza del terzo atto

e la nona del quarto, ma tanto basta a lasciar­

cene un durevole ricordo. La >atira è viva,

briosa, mordente. Si comprende come per i

-alotti torinesi abbia provocato ri«ate e latte

le «jh*s«* di saporiti commenti.

Soggetto della commedia: la rivalità delle

due Bcjart per Molière. Guerrina, la giovane,

riamata da lui gli è appassionatissima. Ire »•

«manie della madre che la minaccia d'allon-

tanarla e minaccia il commediografo di pian­

tarne la compagnia, il contrasto non tocca

mai vertici troppo drammatici: si tiene al

patetico c giunge agevolmente a lieta con­

clusione. Guerrina viene a gettarsi ai piedi

di Molière e lo implora di sposarla, hgli. pur

consigliandola correttamente a calmare que­

gli slanci, le offre Fanello nuziale. Infine.

Molière sposa Guerrina: la Béjart perdona

alla figlia, che.

mi

consiglio dello sposo, le

chiede umilmente scusa se ha osato alzar la

voce contro di lei. Pace generale. Dopo tante

tempeste brilla il piti puro sereno. Anche

Molière chiede e ottiene dalla suocera l’asso­

luzione. Gli sposi sono da lei benedetti e il

commediografo esclama beato: Viva la sag­

gia madre, viva la mia Guerrina! - Molière

la sposa abbraccia c voi. suocera, inchina .

Dm* altri episodi s'intrecciano alla traina

passionale. 1 no è l audata in scena del

Tar­

tu fo .

finalmente permesso dal Ite in persona

dopo che un decreto, dovuto ad armeggìi de*

«noi tristi consiglieri, ne aveva so-pe-a la

rappresentazione. Il «ccondo consiste nella

conversione di Pirlone. l'uomo malefico e

menzognero, che nella commedia figura pre»o

da Molière a modello per il suo tipo di Tar-

t il fio: e Pirlone è da ultimo richiamalo al

pentimento e persuaso a far solenne promessa

di emendarsi.

Il

personaggio di Pirlone. con una lievi

sima variante nel nome, appariva per la

seconda volta sul teatro italiano. Nel 1T0|

«era rappresentato nel Teatro Grande di

Siena

11 Don Pilone,

ovvero

II bacchettone

Jalso

del senese Gerolamo Gigli, commedia in

tre atti, ritenuta allora, e per lungo tempo,

una traduzione in prosa del

Tartujjo

di Mo­

lière. Il Gigli vi adopera infatti gli ste«»i

personaggi, la *te**a trama, quasi le iden­

tiche battute. Finali, effetti ^cenici, «punti

e arguzie dialogiche, tutto è preso tal quale

dal capolavoro francese. Oualche biografo

sostenne più tardi che il Gigli aveva colto il

tipo dal vivo in To«cana. Può darsi clic anche

lì. come ovunque, vi fossero ipocriti, ma non

è contestabile che il «un

Don Pilone

— st-

non una traduzione in senso assoluto

»ia

un fedele adattamento in prosa del

Tartujfo.

I nica differenza: i cinque atti dcllorigi-

nale diventano tre. più lunghi, nel testo del

Gigli.

Goldoni, riprendendo il personaggio e ribat­

tezzandolo con l'aggiunta d una

e r r e ,

gli afhda

nuovi intrighi: per lui inventa situazioni,

melate parole, ambigui atteggiamenti, in ar­

monia col carattere dt-H'impostore. \bile è

la trovata che il porta e attore traneese. jnr

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