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Tana . cioè in via Roma (1). palazzo demo­

lito nel 1932-33 per il totale rifacimento

della strada.

(Quest'ultimo albergo, soprattutto, presen­

tava il vantaggio d'esser vicinissimo a! teatro

nel quale agiva la compagnia Medebac e

dov'ebbe il battesimo la commedia scinta

dal Goldoni a Torino. Anche il nome del

teatro nelle

Memorie

è taciuto, ma su questo

non v'è ombra di dubbio. Non poteva essere

che il Carignano . o meglio quello che già

da un quarantennio era proprietà del prin­

cipe di Carignano. >enza però possedere ancora

l'aspetto e l'attrezzatura d'un elegante teatro.

Kra un salone costruito fin dai primi del

Seicento per impegnarvi partite di trin­

cotto o « gioco delle rubatine : il qual gioco,

simile al moderno

tennis,

consisteva nel lan­

ciare e respingere palle mediante racchette.

Lì. quando mancavano le competizioni spor­

tive. si producevano compagnie comiche con

regolari corsi di recite. oppure acrobati o

ballerini. Il salone, detto Trincotto rosso

dalla sua tinta predominante, spazioso e ben

riparato, rimase senza mutamenti tino al

1710, come registra Giovanni Papini in un

fascicolo pubblicato nell'ottobre 1935. in occa­

sione della riapertura del teatro Carignano

dopo i restauri che vi eseguì il Municipio di

Torino (2).

Nel 1710 il principe Luigi Amedeo di Cari­

gnano. vagheggiando di trasformare l'antico

Trincotto

in un vero e proprio teatro. \i faceva

costruire cinquantasei logge o palehetti .

Dal 1711 la denominazione ufficiale diventa

quella di Teatro della commedia e così *.i

tira innanzi per otto lustri, fino al 1751. quan­

do le pessime condizioni in cui era venuto a

trovarsi 1ex

Trincotto rosso

comineiarono a

preoccupare i dirigenti. (Que-ti erano i mede­

simi del Regio : la gestione di entrambi i

teatri era stata affidata alla Nobile Società

dei Cavalieri. Bisognava decidersi: lavorar

di piccone sulla decrepita sala, far piazza

pulita, acquistare intorno nuova area e innal­

zare dalle fondamenta un edificio degno del

nome di teatro. Ma. nonostante la riconosciuta

urgenza, il problema *i arenò per l'intero 1751

e solo nel maggio dell'anno seguente venne

affrontato con energia, t r a tempo. I fradici

materiali del

Trincotto

non ce la potevano più.

Tutto minacciava rovina e non si «tenta a

credere che qualche muro fos^e già irrepara­

bilmente crollato.

Per rifarsi dei mesi perduti si avviarono i

lavori di demolizione con tanta rapidità che

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sullo spianato terreno, ampliato di <due atti­

gui corpi di casa rispettivamente a mezzo­

giorno e a notte, si poneva il 13 luglio 1752

la pietra fondamentale del nuovo teatro. Nel

novembre già ile era « collocato il tetto >.

Autore del disegno fu il conte Benedetto

Alfieri, direttore dei lavori l'architetto Carlo

Emanuele Rocca. L'inaugurazione avvenne

nel 1753 con una stagione d'opere buffe. Spet­

tacolo d'apertura:

La calamita dei cuori,

melo­

dramma di Carlo Goldoni, musicato da Bai-

dassare Galuppi detto il Buranclio. I/cdificio

dell'Alfieri, distrutto da un incendio la mat­

tina ilei 16 febbraio 1786. verrà subito rico­

struito sotto la direzione dell'architctto Gio­

vanni Battista Eerroggio e trascorsi cinque

mesi rispalancherà i battenti, alzando il bel

sipario eseguito dal pittore Bernardino Gal-

liari. che aveva anche dipinto il soffitto della

sala. Diversi restauri vi si arrecarono, a più

riprese, durante l'Ottocento e ai primi del

Novecento, oltre i recentissimi realizzati, ripe­

tiamo. dal Comune.

* * •

A Torino dunque le commedie di Goldoni

si recitarono nel 1751. dalla compagnia Mede­

bac. in un teatro che stava su coi puntelli e.

niente niente, rischiava di cader da sè per

consunzione.

Eppure il secolare

Trincotto rosso

doveva

offrire una certa dignità di decorazioni e

almeno un

quid

di comodità se vi accorreva

seralmente un pubblico scelto in cui primeg­

giavano dame in sontuose acconciature e

cavalieri in gala secondo l'ultimo figurino.

Per quanto ristrette fossero le pretese dei

nostri arcavoli, non vi si doveva star male.

Probabilmente le logge del 1710 non costi­

tuivano la sola aggiunta. Nessuna carta è

rimasta a testimoniarlo, ma è da supporre

che parecchie innovazioni si introducessero

via via neH'originario locale dove, per gli

spettatori delle partite di palla, non esisteva

se min un rozzo steccato disposto in giro alle

pareti.

E che accoglienze fecero i torinesi alle

composizioni dell'avvocato veneziano? Eccel­

lenti. Egli godeva qui d una notorietà non

inferiore che altrove. S'è visto il Goldoni

da commediografo chiudere brillantemente

l'e^i-tenza del vecchio ritrovo. qua«i a coro­

narne di gloria l'inevitabile fine, e da libret­

tista iniziare sotto ottimi auspici quella del

nuovo teatro. • In Torino pure nota nelle

Memorie

»i recitavano dai miei comici le

mie commedie ed erano frequentate ed anche

applaudite, quantunque... .

Sì. c'era un

ma.

e fu quello ehe Io deci*c

interrompere il npo>o e a ripigliar la penna.