

interpretare il suo
Tartufo, si
cammuffi da
Don Firlone.
Nel penultimo intervallo della commedia
«i tinge che il capolavoro molieriano >ia rap
presentato e applauditi». I n trionfo. L'autore
ha recitato la parte del protagonista indos
sando il mantello e il cappello di Firlone.
olii- intanto era stato chiuso in un buio stan
zino per certi raggiri da lui tentati allo scopo
«li metter male tra Guerrina e la madre, tra
il commediografo e la sua domestica.
Ma. prima dei meritati lauri, che angu
stiate vigilie! « (guanti dispiaceri, quanti af
fanni provai! confida Molière, fin dalla prima
scena. all'amico Leandro. « 11 pubblico indi-
screto non si contenta mai... .
La commedia è mossa, ora gaia e ora pen
sosa. romantica e polemica, burlesca e mora
leggiante. \ 'è una grazia sottile, una diffusa
bonomìa, una popolaresca animazione, il me
glio che distingue il teatro dell'immortale
\eneziano. E si ha l'impressone che nel
l'abito di Molière sia Goldoni a parlare, espri
mendo giudizi, sentimenti, turbamenti suoi.
Forti i colpi contro gli ipocriti: » Dalla
trista gente difender ci possiamo. - ma non
dagli inimici che noi non conosciamo .
Arduo compito si assume Fautore di tea
tro: » ... uom che ha il peso grave di dar pia
cere altrui . « \oi soggiunge rivolto a Lean
dro «<altro non pensate che a divertir voi
‘ tesso; - viver senza pensieri a voi solo è
permesso .
(Questo Leandro è un tipo lepido, amante
della tavola, facile ad alzare il gomito, com
preso della massima che il buon vino suscita
pensieri giocondi. <yual siete la mattina
Io ammonisce Molière, alludendo alle sbornie
di lui. « voi non siete la sera . E Leandro,
di rimando: >Fate così anche voi. bevete e
"tate allegro. - Altro che latte! Mescete
bianco e negro . Esortazione a cui Molière,
sobrio e virtuoso, risponde, nel corso della
commedia, con oneste tirate contro l'abuso
del bere: « Oh. vizio vergognoso è pur quello
del vino! (atto I I I . scena I); e nella prima
xena dell'atto quinto: • l inanità infelice!
Non hai bastanti mali. - che nuovi ne pro
caccia la gola de' mortali. • 11 chimico sa
trarre balsami dal veleno. - Ouei. col vin
'.fiutare s'empion di tosco il seno .
Quei
sono Leandro e il conte Frezza. Le
intemperanze del primo, la smaccata presun
zione del secondo, e le due Béjart che si azzuf
fano. contendendosi il cuore di Molière... a
un tratto egli perde la pazienza. « Meglio
•‘'dama era con mio padre facessi il tappez
ziere. • Mio zio |»er la commedia mi tolse al
mio esercizio. • diè morte ai miei parenti e
fé il mio precipizio. -Studiai, ma che mi valse
lo studio sciagurato - se dopo avere il foro
per pochi dì calcato - a questa lusinghiera
novella professione - diabolica mi spinse vio
lenta tentazione? ». Brano biografico in cui
è
lecito scorgere qualche eco della stessa vita
di Goldoni, sovente rattristato sia dalle inter
minabili diatribe che scoppiavano fra le at
trici, gelose della parte preminente, sia dalle
critiche di invidiosi letterati o di ascoltatori
superficiali.
Ma fra le molte amarezze vi sono sprazzi
di gioia e motivi di legittimo orgoglio: quando,
soprattutto, recato da Naierio giunge a Mo
lière il decreto reale che permette la recita
del
Tartufo.
La reazione (atto I. scena \I) è
battagliera. Egli ribadisce i suoi propositi di
riformatore delle scene, severissimo con le
trivialità abituali nella commedia dell'arte.
• Ah, questo foglio rifiata « mi fa gioir... •
Il pubblico m'insulta e al pubblico ho giovato.
- Di Francia era. il sapete, il comico teatro
- in balìa di persone nate sol per l'aratro. -
Farse vedeansi solo, burlette all'improvviso
- atte a mover soltanto di sciocca gente il
riso - e i cittadi
«ulti e il popolo gentile
- l'ore perdean preziose in un piacer sì vile .
yui. un'acre requUitoria contro il rivale Sca
ramuccia. le cui buffonerie erano >tate pagate
a peso d'oro.
Poi: « Tratto «lai genio innato
e dal dev'io d'onore • al comico teatro diedi
la mano e il core: - a riformar m'accinsi il
pessimo costume - e fur Flauto e Terenzio
la mia guida, il mio lume . Trasparente
allusione a quelli che furono i vittoriosi sforzi
anche dell'arte goldoniana: restituire il tea
tro di prosa alle antiche finalità da secoli e
secoli venute meno.
Goldoni scioglie per Molière un inno che
va insieme all'autore, all'attore e al mettin-
scena o. come diremmo oggi, al
regista.
« Molière » fa dire a \alerio • nulla intentato
lascia per dar risalto - alTopere per cui va
con la fama in alto. • Maestro di teatri» fa
tutto e tutto vede, - alle maggiori cose e
all'infìme provvede ».
Accennammo all'epilogo: nozze e armonìa
domestica. Ma c'è di più: una comunica
zione portata fresca fresca da \alerio per
Molière: «L'ardito Scaramuccia cede la palma
a voi. - Partirà da Parigi con i compagni
suoi... ».
Non manca nulla per mandar a casa con
tenti gli spettatori.
• * •
Esula dal nostro compito giudicare quanto
il Goldoni, nel suo intreccio, abbia seguito
la storia e quanto abbia lavorato di fantasia,
riunendo episodi che in realtà accaddero in
epoche differenti. Del febbraio 1662. per
esempio, è il matrimonio di G.
B.
Poquelin
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