

detto Molière, quarantenne, con la ventenne
Armanda Béjart. non si sa bene se figlia o
sorella di Maddalena buona e vecchia amica
del commediografo. Il legame di parentela
tra le dar donne costituisce un problema tut
tora insoluto. 1 contemporanei erano dell'opi-
nione che la giovane fosse figlia dell'altra.
\ iceversa nell atto di matrimonio Armanda
è indicata come sorella minore di Maddalena
(ili «turici che cercarono di affrontare (‘enigma
non hanno mai osato pronunziarsi in modo
definitivi». Certo si è che le nozze riusciranno
disgraziatissime e il poeta ne avrà torturati
i suoi ultimi anni. La sentimentalità di Guer
rina. nella finzione scenica, appare ben lon
tana da quello che fu il carattere vero di
Armanda Béjart.
Il
Tartufo,
poi. venne rappresentato pub
blicamente la prima volta più di cinque anni
dopo, nell'agosto 1667. Sollevò disapprova
zioni che provocarono il divieto e non fu
ripreso con successo che nel febbraio 1669.
Ma ciò. ripetiamo, non riguarda i nostri
scopi. Torniamo, per l'interesse locale, a quel
conte Frezza o Lasca che fosse, figurazione
dun autentico personaggio dell'aristocrazia
subalpina. Non appena entra in scena, si
preoccupa di chiedere a \alerio un posto
gratuito per la recita del
Tartufo.
È venuto
espressamente: non può mancare per obbligo
di mondanità, sebbene non «timi fautore e
ne dica corna. « ... Molière autor perfetto?
inveisce. Sproposito massiccio... - Caratteri
forzati «ol caricar procura. - Nell*opre di
Molière non v*è. non v*è natura . E poiché
l'altro gii domanda se ha udita intera la com
media a cui «i liferisce. il Frezza replica,
brusco: Eh. che non son «ì pazzo a perdere
una sera! - Ascolto qualche pezzo, poi vado,
poi ritorno; - fo visite alle logge, giro l'udienza
intorno. - Discorro con gli amici, un poco fo
alì'amore. - Non merta una commedia che
un uom taccia tre ore . Gustoso ritratto d'un
elegantone a teatro, nel Settecento.
Il Frezza, incolto, iti fila errori marchiani.
<-
La scuola dei mariti
gli chiede Valerio
poteva e««er migliore? . E lui. impertur
babile: Di pe«o l‘ha rubata. Sono, «e no'l
sapete. -
G li idolfi
di Terenzio . Valerio
rettifica:
Gli idelji
dir volete . ma il conte
s impenna:
idolji
e non
.4delji.
\ò dir come
mi pare . La di«puta s'accende e corrono
parole gro««e. Frezza minaccia d'alzar*- il
ba«tone. Per buona sorte, a chetare gli spi
riti. «opraggiunge Leandro che. accoltati i
contendenti, li riconcilia proponendo di andar*-
ogni discordia a seppellir nel vino . Ma Va
lerio deve prepararsi per lo spettacolo. All'al
bergo vanno a trincare Leandro e il conte, che
in séguiti», gonfi di vino. «i trascinano a stento
a teatro, prendendo posto in un palchetto.
Nella scena nona del quarto atto, avvenuta
la rappresentazione del
Tartufo,
si ritrovano
insieme Molière, il conte Frezza, Leandro e
\alerio. 11 conte e Leandri» non finiscono di
osannare al capolavoro. Sicuro! Anche il
Frezza, il quale, da maldicente fattosi adu
latore. proclama: « Che stile! che nobili con
cetti! -Che forti passioni! che naturali affetti .
A sua volta s'è ravveduto? Nient'affatto.
I briaco, ha dormito tutta la sera, seduto in
un angolo del pale*», ed elogia ora con la
stessa conoscenza di causa con cui prima
criticava. Nemmeno Leandro ha potuto ascol
tar la recita. » Fec'io confessa <• quel che far
soglio quando alterar mi sento. - Andai a
prender l'aria men calda e più serena .
Sorpresa «li Molière: allora, il conte s'abban
donò a un lungo sonno e l amico suo uscì di
teatro. Come sono in grado di giudicare?
Ma i due non disarmano: uno protesta che
per capire gli basta ascoltare il principio e
I altro la fine della commedia. • So giudicar
le cose vedute anche di volo! si vanta l'incor
reggibile Frezza.
Verrebbe la voglia di metterli alla porta:
ma può farlo un autore sempre in cerca della
pubblica approvazione? I tristi più che i
buoni noi secondar conviene. - acciò non
dican male, se dir non sanno bene osserverà
Molière in un successivo colloquio con \alerio
e accoglie quindi a cena Leandro e il conte,
visto eh essi si sono invitati da sé. promet
tendo in cambio, con fra«i da spacconi, «li
sostenere il poeta e l'opera sua.
Fin dal terzo atto, esprimendo il succo e
la ragione della commedia. Valerio aveva
detto: Ecco chi vilipende l'onor dei buoni
autori: - ridicoli, ignoranti, maligni ed impo
stori. - Avide abiette spugne vanno assor
bendo il peggio - e «premono il veleno al
gioco od al passeggio. - ... Chi non ha talenti
per comparir creando. • pa««ar per uom
saputi» « indu«tria criticando .
Per bocca ili lui «i lagnava Goldoni, il
commediografo irritati». K curioso che lo
sfogo gli «ia «tato «uggerito proprio a Torino.
Altrove ebbe animo di «opportare. tyui gli
parve colma la mi«ura. Ma in fondo, il torto
ilei pubblici» è perdonabile. Il re|N-rti»rio gol
doniano gli deve una commi-dia di più.
CABLO MERLIMI