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raccolti, di proibizione di farne «cumuli

»

privati,

di esenzione da gabelle pei grani eventualmente

importati, di ostracismo ad ogni forma spe­

culativa su le sussistenze, ecc., ecc. Nè di­

verse erano le idee contenute mezzo secolo

prima nelle opere di Edoardo Mores (15).

mentre più rigorose erano quelle delle quali

si fa cenno neiropera di Terenzio Carbonario.

secondo il quale, oltre la consegna fedele delle

quantità di grano esistente nello Stato, sa­

rebbero opportuni magazzini di granaglie per

i tempi di carestia (16).

Tesi che in parte era combattuta dal Cam­

panella e dal Lunetti, i quali ai magazzini

privati preferivano gli acquisti da parte dello

Stato con la costituzione, come li chiama il

Lunetti, di « Uffici d'abbondanza » (17); idee

già sintetizzate ed esposte dall'abruzzese Carlo

di Tapia fin dal 1594, ma pubblicate nel

1638 (18). La quale scuola annonaria secen­

tesca non poteva non influires ul Principe

Sabaudo, il quale tuttavia cercò, talvolta, di

uscire dalle rigide direttive entro le quali ave­

vano camminato i suoi predecessori. Più tardi

tentativi meno timidi verranno attuati per

indirizzare il sistema annonario su nuove basi

a cui contribuirà il contemporaneo sviluppo

della vita e della scienza economica (19), seb­

bene non bisogna troppo credere in un gene­

rale risveglio, che ancora nella prima metà del

secolo X IX i sistemi erano, in gran parte,

quelli del buon tempo antico.

La distinzione di un periodo bellico, da un

periodo di pace caratterizza una diversa poli­

tica annonaria, e si spiega. Più rigida, severis­

sima, durante il primo periodo, relativamente

più liberale durante il secondo.

Fu precisamente verso la fine di questo

primo perìodo bellico che Vittoiio Amedeo

riuscì con una provvida istituzione ad atte­

nuare gli effetti di una carestia che avrebbe

potuto risultare funesta.

3. - Lungo il regno di pace e di guerra del

Principe Sabaudo si alternavano gli anni di

relativa abbondanza, con periodi di sensibile

scarsità, onde i permessi o le proibizioni di

« estrazione » o di « cumulo » sentivano queste

varianti condizioni dei raccolti. Si era iniziata

nel 1690 la guerra contro le assurde e prepo­

tenti pretese di Luigi X IV , contro cui si

erano schierate nella « Grande Alleanza » le

nazioni che più non sopportavano la prepon­

deranza francese: superate le dolorose vi­

cende incontrate in questa prima lunga guerra

f

quando Vittorio Amedeo i i

stava

per ter­

minare

la

lotta con

la quale

doveva rientrare

in

possesso dei suoi domini

invasi, una grave

carestia

sembrava dover, a breve «cadenza,

funestate il Dneato.

Infatti nel 1695 dopo le fortunose vicende

precedenti, che naturalmente si ripercossero

su la politica annonaria interna ed estera del

paese, una eccezionale siccità fece presentire

giorni difficilissimi per l ’approvvigionamento

dei sudditi.

Già fin dalla fine del 1694 il Duca era stato

solerte e severo nell’impartire ordini onde

provvedere in tempo all'acquisto dei grani

forestieri ed evitarne l'uscita di nazionali (20).

Al principio del 1695 le istruzioni per approv­

vigionamenti di grani si fanno più frequenti,

gli ordini di comprarne fuori frontiera più in­

sistenti, si intensificano le proibizioni di ogni

esportazione, vincolandosi altresì il riso e le

castagne. Fioriscono i progetti e i metodi

empirici per surrogare il pane o per sfamarsi

con cibi inferiori (21).

Peggiorando decisamente la situazione e do­

vendosi, specialmente in quel momento deli­

catissimo di fine guerra, far fronte con ogni

mezzo onde tranquillizzare gli animi ed allon­

tanare i funesti pericoli di una carestia le cui

conseguenze potevano aggravarsi per le dif­

ficoltà delle comunicazioni, dei mezzi di tra­

sporto e pei bisogni crescenti dell'esercito,

Vittor* * tnedeo giudica venuto il momento

di agire.

Riunite attorno a sè poche personalità scelte

fra la classe dirigente, quali i presidenti e se­

natori Provana, Caselette, Garagno, il gene­

rale delle finanze Marcili, il senatore Dentis,

il controllore generale Gallinati e l'avvocato

generale Conte Frichignono, ordinò loro di

formare un congresso onde studiare i mezzi

per far fronte immediatamente al grave

evento (22).

Il Duca, che « mai si risolveva se non secondo

la propria convinzione » (23), sentì personal­

mente i responsi dei suoi consiglieri, ma con­

tribuì con il suo personale giudizio ed impulso

a varare più tardi il progetto di cui qui si

discorre.

Non era facile risolvere il grave problema,

chè s'opponevano e inveterati pregiudizi e

l'erario ormai esausto dalla lunga guerra.

Il primitivo disegno di formare una « società

annonaria » formata da azionisti, onde far

fronte alla mancanza di grani, urtava contro

il timore che i sudditi danarosi non venissero

incontro ai desideri ducali. Tant'è vero che

Vittorio Amedeo sottopose il dubbio all'av­

vocato generale Frichignono, onde sapere se

giuridicamente avrebbe potuto costrìngere i

sudditi

a

fare il loro dovere quando la prò*

posta di un prestito volontario non avesse

incontrato il £*voie che s'attendeva.

L'avvo­

cato generale giunse

alla conclusione, che non

spiacque al carattere

ferreo

e

deciso del So­

vrano, che senz'altro si potesse «d i ragione

costrìngere coloro i quali abbondano di rie-