

E D I L I Z I A T O R I N E S E
L’attuale periodo di sosta che le necessità della
nazione
in guerra impongono all’attività edilizia,
può
essere tempo non del tutto perduto per l’edi
lizia
stessa se esso sarà impiegato in un obiettivo
esame
di coscienza. È un periodo di raccoglimento
che può
essere perfino benedetto e che occorre
sfruttare; esso ci consente di tracciare un sereno
bilancio
dell’attività passata e di procedere allo
studio dei piani per il futuro.
Qual’è la consistenza dell’edilizia torinese, quale
è
il suo stato attuale di organizzazione, in quali
condizioni si sviluppa, quali sono le necessità della
città, come vi corrisponde la regolamentazione
relativa, qual e l’efficienza delle categorie profes
sionali e industriali che vi operano?
È necessario in primo luogo riconoscere che
Torino è una città di limitate possibilità econo
miche, per molteplici ragioni il cui esame ci porte
rebbe lontano. Affermiamo soltanto il fatto incon
testabile che le possibilità di reddito dell’edilizia
di speculazione sono limitate in quanto la capa
cità economica della grandissima maggioranza
degli utenti dell’edilizia ha dei limiti che è vano
cercare di sforzare. Un raffronto tra la misura
delle locazioni quali sono normalmente praticate
a Milano e a Roma, e quella delle locazioni tori
nesi vale più di ogni discorso.
L’edilizia torinese è quindi essenzialmente una
edilizia povera, operaia e piccolo borghese (sopra
tutto piccolo borghese, purtroppo), ed il suo
assunto principale è quello di dare lo strettamente
necessario salvando le apparenze.
Il normale taglio degli alloggi è di due camere
e servizi (e ciò per l’
8
o % e oltre degli apparta
menti costruiti in questi ultimi anni), eccezional
mente di tre camere e servizi. C ’è anche qualche
esempio, ma abbastanza raro, di alloggi formati
da una camera e cucina, o da un unico ambiente.
La configurazione degli alloggi, quali normal
mente risultano dai progetti presentati all’esame
delle Autorità municipali, non è certo da additare
a buon esempio. È evidente che lo studio più
intenso è diretto ad ottenere uno sfruttamento
assurdo e miope della superficie, con criteri irra
zionali e antisociali. Si tratta di ricavare il maggior
numero di locali nella minor superficie di fronte,
non importa se tali locali risultano abitabili nel-
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esatto senso di questa parola oppure no. non
importa se nascono misure false che impediscono
un logico arredamento anche te contenuto nei
più severi limiti dell’indispensabilità, non importa
infine se la mutua posizione dei pochi locali costi
tuenti l’alloggio è tale da lasciare fondati dubbi
nell’igienista e nel sociologo.
Ma purtroppo il regolamento edilizio è sempre
rispettato, al limite se volete, magari anche con
astuti artifici, ma sempre in modo da impedire
una sacrosanta bocciatura da parte degli organi
competenti.
Manca a Torino la grande proprietà edilizia.
Anche le poche iniziative di carattere industriale
di una certa entità programmatica, si sono basate,
salvo rare eccezioni, sulla necessità di « sbloccare *
il complesso costruttivo a costruzione ultimata,
riducendolo in lotti accessibili alla normale poten
zialità del risparmiatore torinese. Ne è nato un
« modulo » di lottizzazione oltremodo misero, causa
prima delle de.
che si lamentano nella nostra
edilizia, sia nei riflessi urbanistici, sia nei risultati
architettonici di alzati e di distribuzione.
Mania piccolo borghese di pretenziosa indivi
dualità, diffidenza più o meno giustificata verso
ogni forma di condominio, insofferenza verso ogni
accordo limitativo dei presunti sconfinati diritti
della proprietà, moltiplicano quei muri confinanti,
quegli orribili spettri bianchi, che sono l’elemento
più caratteristico e meno decoroso del quadro
cittadino; e suscitano un sempre più minuto suc
cedersi di centoni multicolori, di cosidette facciate,
che a lasciar fare tenderebbero alla massima dif
ferenziazione, al massimo urto onde maggior
mente segnare i grandi orgogli pei piccoli pro
prietari.
E le autorità municipali compiono sforzi tenaci
(che dai proprietari sono considerati spesso come
arbitrii intollerabili) per stabilire ricorrenze di
cornicioni e di piani, per uniformare facciate,
per combattere, ove possibile, i frontoni spet
trali, per impedire insomma che la misera lottiz
zazione abbia da essere messa tanto brutalmente
in evidenza.
Le normali misure frontali dei lotti si aggirano
dai metri
12
ai
15
, ma si constatano anche dei
lotti, non accidentali ma conseguenza di regolari
suddivisioni di grandi appezzamenti, la cui misura
frontale è di metri
9
e perfino di
7
. Normalmente
si dispongono tre alloggi per piano, due ai lati
con ambienti verso cortile e verso strada, e uno
centrale aprentesi esclusivamente verso strada.
Vi è quasi una forma planimetrica tipo,
ormai
s