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essi se la loro fioritura coincide con un periodo

deU'anno in cui, per ragioni climatiche, le

precipitazioni atmosferiche si fanno più fre­

quenti. annunciando per l'appunto che la pri­

mavera è giunta?

La Mostra floreale deU'anno X IX ha testi­

moniato che per i floricultori torinesi, da tren-

t'anni ormai, l'imperativo del progresso è una

direttrice di marcia costante. Le colture spe­

ciali si sono intensificate; stabilimenti perfe­

zionati sono sorti ovunque od hanno sosti­

tuito i vecchi: mezzi di trasporto acconci sono

stati adottati come vetture frigorifere e ca­

mioncini speciali. Con i suoi trecentoquaranta

ettari coltivati a fiori il Piemonte si è affer­

mato così — dopo la Liguria — il principale

centro italiano produttore di piante a coltiva­

zione normale e forzata; dalle tuberose alle

rinomatozose, dai fiori recisi alle fronde verdi,

dai semi ai bulbi, dai fiori alle piante da es­

senza. Nelle nostre serre nascono dei veri

capolavori che ci emancipano nettamente dalla

pregiata produzione di fama mondiale del

Belgio. dell'Olanda. della Costa Azzurra. Spe­

cie nelle « ultime novità » come tra le rose, i

garofani, le orchidee e le ortensie.

L'ortensia è una specialità di Torino e qui

la pazienza, l'abilità e la cura dei nostri giar­

dinieri offrono le testimonianze più sicure e

più probatorie della loro arte. È un fiore che

necessita di cure infinite perchè — malgrado

la sua apparenza florida — è un fiore gracile

e delicato come pochi. Un raggio di sole troppo

ardente, le brucia: un acquazzone troppo vio­

lento le gualcisce e le fa avvizzire anzi tempo.

Verso Natale, le ortensie — la cui tallea fu

messa in terra a far radice tredici mesi prima

e trasferita in vaso nel maggio — lascia già

capire se la fioritura, dopo oltre un anno di

attesa, è assicurata. A San Giuseppe le trove­

rete bruttine, chè i fiori non avranno nè tinta

vivace nè sviluppo notevole; ma a Pasqua

saranno stupende in tutta la loro smagliante

fioritura. E più la stagione avanzerà e più si

faranno pompose e acquisteranno quella loro

particolare rigogliosa prepotenza di be-lezza.

Di veramente perfette non riescono che il

dieci per cento, ecco perchè il loro prezzo

aumenta sul mercato. Non amano il sole; al

contrario degli altri fiori, cercano la delica­

tezza frigida dell'ombra per essere più belle.

Quasi a cercar la luce solo quando si sentono

degne della loro fama. Quelle perfette sono

di un colore rosa particolare: quando diven­

tano azzurre — eppure sono tanto belle az­

zurre! — il floricultore vi dirà che la terra

ove sono cresciute era di natura ferruginosa,

quindi non è un fiore di prima qualità. Nel

terreno calcare non vivono; se la terra non è

sufficientemente grassa, sembrano malate.

Strano fiore l'ortensia. Fa tra le piante più

ammirate alla Mostra di quest'anno ed i flori­

cultori ne erano raggianti: tanta fatica e tante

cure avevano un premio.

E quanta varietà di rose e di garofani!

Chi aveva creduto al detto che il fiore del

Piemonte è privo di profumo perchè il clima

glielo brucia, s'è dovuto ricredere di fronte

alle rose ed ai garofani di Torino, che sciori­

navano una ricchezza di tinte delicate e vio­

lente degne in tutto da competere con le più

celebrate specie che ci giungevano d'oltre

frontiera.

Così i giaggioli, dritti e superbi nella loro

guaina di lancia; i tozzi e pur simpatici tuli­

pani, ardenti di colore a contrasto del verde

vivo del gambo; le peonie morbide di petali

da sembrare lembi del taffetà caro alle nostre

nonne; gli umili fiori da vaso da balcone come

le violette e il nasturzo; i campanellini dei

mughetti che sembrano minuscoli turiboli on­

deggianti profumo sull'ara della primavera;

fino al fiore più superbo e più freddo nella sua

austera bellezza: l'orchidea, altro piccolo ca­

polavoro di pazienza e di incroci ottenuto

oggi da noi dopo anni di studio, di prove, di

delusioni.

In un angolo, come un cuscino di pizzo

antico gettato a caso tra i salotti delle aiole.

delicato e algido nel suo latteo candore, un

quadrato di camelie. Il fiore più triste, forse,

perchè non ha profumo; ma U fiore legato da

un galante dell'Ottocento alla grazia della

donna: — Non hanno avuto da Dio profumo

questi miei fiori, signora. Teneteli sul vostro

seno, perchè lo acquistino dalla vostra bel­

lezza...

E d'un tratto ti inchiodavi, nella visita,

davanti a un rettangolo di velluto: un'aiola

di stelle alpine. Fu il fiore, tra tutti, che ci

apparve subito in quell'ora come il più caro

al nostro cuore di Italiani.

Il fiore degli alpini. E il pensiero correva

a recenti episodi di guerra, lassù, tra monti

lontani, ove la ninna-nanna della mitraglia­

trice era sfondo abituale a brevi tormentati

riposi. Al canto di guerra dell'arma, forse,

nelle notti di vento o di stelle, quei fiori cari

ai nostri eroi dell'alpe avranno sentito — ad

accompagnamento — il ritmo più veloce di

un cuore teso all'assaìto. I suoi petali forse

saranno stati irrorati da qualcosa di caldo che

non era pioggia, non era neve, non era ru­

giada: età sangue. E nell'ora della gloria, il

fiore avrà ricevuto la tinta fiammeggiante del­

l'olocausto supremo di una giovane vita.

Stella alpina: fiore della nostra primavera

di guerra; il fiore più sacro, forse, alla nostra

vittoria. Non poteva mancare — ornamento

indimenticabile — sulla veste della prima­

vera torinese.

FUMO DOMAGGIO