

BRANI DI STORIA E DI POESIAMEDIOEVALE
Due castelli: due barbagli di storia e di
sogno. Forte, massiccio, rude l’uno, si abbar
bica alla roccia, si chiude serrato in alto,
discende per mura, trabocchetti, ponti le
vatoi, trincee e baluardi giù nella valle: è
Yerres, maglia di ferro, corrusco luogo d ’armi,
eretto contro invasori e litigiosi baronetti
della piana; conventuale, l'altro — Issogne —
triste, al bordo della Dora, quasi una grossa
fattoria su cui pesi uno strano mistero. Le
piccole finestre, come chiazze sull’ alta parete
bianca, paiono occhi di celle monacali. Sul
tetto stanno alcuni camini, quale ritto e quale
a sghimbescio, col cappuccio a triangolo — il
vecchio camino valdostano — e dentro è tutto
uno svariar leggero di memorie.
Due castelli, sui quali passano ombre gi
gantesche e barbute di soldatacci avvinaz
zati nella notte nevosa, ombre fluide e armo
niose di paggi sospirosi :
gli intrighi familiari, i
misteri della stirpe te
nacemente tramandati
di padre in figlio, la
volontà di conquista,
cocciuta e brutale, fio
riscono alfine in una
rinascente primavera,
tra liuti ed arazzi fiam
minghi.
E due uomini fatti
dal grande tempo spa
ruti e fiochi, s'affac
ciano al sole. E l’uno,
Ibleto. minaccia taci
turno dalle caditoie di
Yerres. «*d ammonisce
con un gran gesto noi
che passiamo fragorosi
per via. mentre l’ altro.
Giorgio, mite e cortese,
trema un poco nel cuo
re vedendo con l'occhio
svanito.come il suo
gen
til castello di
fiabe sia
ora fatto opaco e grìgio.
M
Ibleto, uomo di guerra, fierissimo, possente e
tracotante: oh. quello sì sapeva ricondurre
all'ovile le pecore smarrite. E che gran colpi
menava tra prato e bosco, e fustigava lieto
ogni corrotta signoria.
Nipote ad Ebalo Magno, l’ultimo visconte
della terra di Aosta, egli ben seppe che vuol dire
l’orgoglio di una razza e come si raduni nelle
mani d'un capo tutto ciò che gli antenati in
tesserono per noi. Tesori e dominio egli resse
nel pugno e fu generoso dispensatore di ric
chezze e di giustizia, temuto perfino da quei
conti di Savoia, il Rosso e il Verde, che furono
al Sepolcro e in gran fatti d’ armi cavalieri
senza paura. Ma ben sapevano i signori della
piana che il montanaro era come una rocca
che non ci vai se non la prendi di faccia. E
saggi com'erano, lo elessero con grande onore
e solenne decreto loro capitano e luogotenente.
Grande onore in vero.
Ed egli seppe mostrar
sene degno: domò sen
za eccessi con fermo
polso le rivolte scatena
tesi nel Ganavese e nel
Vailese; e pose c o s ta i
temente la sua spada al
servigio della comuni
tà. Quante volte egli,
nei frequenti dissidi pro
vocati dai signorotti ai
danni dei sudditi im
mediati, intervenne a
far prevalere le ragioni
dei più umili!
Fu Ibleto di Challant
che nella tristezza di
un secolo funesto dal
l ’eresia e dominato dal
ferro, levò alta la sua
voce squillante contro
l ’ indegna tirannide in
staurata dai conti di
S. Martino e proclamò
le libertà comunali. E
quando tra il ferro e il
J