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fuoco, e

con un po' di avarizia (non erano

certo

spenderecci i signori di Challant) la casa

fu assestata e ben solida, allora ecco sorgere

l'altro,

il signorotto, il maestro di eleganza,

colui che portò su per i monti il tepore delle

pitture umbre e la grazia dei poeti fiorentini.

Giorgio di Challant, protonotario asposto-

lico.

arcidiacono, canonico d'Aosta, di Loux

e di S.

Orso, governò la sua valle con il garbo

che usava in Yaldarno. E fu come un rapido

volo

di cinciallegre e di rosignoli, un fruscio

d'api

grevi di miele; dopo non rimase più nulla.

Cioè

no: vi restò come un profumo nostalgico

su quel costone della gran valle, che ancora

oggi lo si sente e innamora, e quando t'ha

preso non te ne liberi più. E se sei un vian-

dante ignaro, certo tu pensi che una fata del­

l'alpe prigioniera si nasconda in quel casone

bigio.

Ma varchiamo la soglia del castello. Una

monetina in mano ed eccoti la guardiana dei

sogni (che, intendiamoci, sarebbe poi la por­

tinaia), offrirti il passo.

E d'improvviso voi siete sorpresi da un non

so che di grottesco, di colorito, di vivo, di

ca>alingo, d'audace e di sottile: le luci sva­

riano in toni ininori, cortile di primavera, cor­

tile d'autunno. Il buon pittore lasciò nell'in­

tonaco come un riflesso delle dolci stagioni

confinanti. Si rimane colpiti da questa deli­

cata sinfonia di colori. Bizzarramente disposte

tutte le simboliche significazioni dell'araldica

si alternano in un arabesco fragile e civet­

tuolo, in una varietà di temi, che rivelano una

ingenuità di ispirazione e quella sete di bel­

lezza che venne qua ad appagarsi all'ombra

della valle muschiosa.

Yarii episodi di vita castellana e borghi­

giana, sorpresi nella loro espressiva sempli­

cità si susseguono negli affreschi delle lunette

e degli archi: ecco il mercato borghigiano delle

frutta e degli erbaggi, le botteghe del sarto

e dello speziale. Qui siete tra popolani e si­

gnori. come si doveva vivere in altri tempi,

che ora si dicono di tiranni, e certo quelle

prigioni profonde, quelle torri malvage, quegli

strumenti di tortura vi mettono un brivido

nr||<>ossa, ma infine si godeva poi anche una

intimità, una comunione fra padroni e servi­

tori. che ora è smarrita. Poveri villani che si

inebriavano così ingenuamente delle glorie

della dinastia;

che

tonava di tempo

in tempo fra gli umili per cercarvi un po'

d'amore e l'eco della parola di Gesù.

Un'ombra di languida dolcezza pare veli

ogni cosa. II maestoso silenzio consacrato dalle

meraviglie dell'arte e dalla maestà della na­

tura,

è

interrotto soltanto dal discreto chiac­

chierio d'un fiotto d'acqua che zampilla nel

centro del suggestivo castello.

Volgete ancora lo sguardo: un piccolo orto

claustrale si apre lentamente. Lo circondano

piccole mura recanti l'effige di filosofi e di

poeti, e pur sotto i colori degli affreschi im­

palliditi, non vi riuscirà difficile ravvisare i

lineamenti di Platone, Aristotile e Virgilio.

Nella soave intimità del verziere, che nella

buona stagione sprigiona dalle sue siepi di

mortella e dalla sua ruta, dalle sue saglie e

dai suoi rosai una vasta fragranza inebriante,

campeggiano maestosamente le figure della

storia.

Vi inoltrate nell'interno del castello e tutte

le sensazioni gì

vate in cospetto di tanti

pregevoli segni dell'arte della Rinascenza, si

fondono qui in un solo delicato sentimento di

ineffabile dolcezza. Vi sentite d'un tratto tras­

portati in pieno secolo XV : siete costretti ad

obliare voi stessi, a dimenticare il tempo in

cui vivete. La sala baronale — dove il si­

gnore esercitava la feudale podestà — la mi­

stica cappella, le innumerevoli sale e stanze

simmetricamente allineate, sfoggiano ricche

pitture, mentre sui monumentali camini fio­

risce lo stemma dei Challant in unione a quello

di Francia e dei Savoia. E di quando in quando

la vostra attenzione

è

richiamata dalle nume­

rose scritte onde sono segnate le mura del

castello. Sono ammonimenti solenni, grida

gioiose, invocazioni strazianti, voci nostal­

giche di rimpianto e di disperazione, accenti

traboccanti di passione e di fede che narrano

liete vicende e sfortunate serie d'amore, fio­

rite tra i supremi incantesimi della natura.

Ed infine, fra il rapido alternarsi delle frasi

che coprono le mura del maniero, scorgete

parole oscure di odio e di vendetta, che nella

suggestione del luogo gettan nell'animo vostro

un triste sgomento.

•Maledictus homo qui confidat in homine »

— • Ingrati* servire nefas » — « Beneficiis et

injuiiae memor » — « Juravit et

b o b

poe-

nitebit ».

La strana impressione però

b o b

dura: piè