

ripetuta migliaia di volte al centro ed alla peri
feria, messa dietro a tacciate di pietra o di umile
calce; forma pianimetrica ben poco migliorabile
se ci si basa sul presupposto di un tal lotto, di un
tal sfruttamento e di una tal ormai stabilita con
suetudine, ma che certamente, obiettivamente
esaminata, è assai discutibile.
Tra l’altro l’alloggio centrale dislocato verso
strada dispone, come si dice, di un’aria sola,
ossia di insufficiente ventilazione. Cucina e gabi
netto usurpano un posto immeritato nella parte
nobile della pur già misera facciatina. ed è com
movente vedere gli artifici architettonici cui si
ricorre per mascherare un tal fatto. La canna delle
spazzature per tale alloggio deve necessariamente
essere posta verso cortile nell’ interpiano della
scala. Gli inquilini se ne possono servire supe
rando ogni volta una rampa di scala e passando
in pubblico: ne consegue che le immondizie ven
gono conservate in casa più di quanto sarebbe
desiderabile.
Riducendosi il fronte del lotto l’alloggio cen
trale pure si riduce e può anche scomparire del
tutto, ma in tal caso peggiora la situazione verso
cortile; può capitare infatti che non si possa risol
vere il disimpegno dei servizi igienici, i quali
cosi vengono ad essere resi accessibili direttamente
dal locale adibito a cucina. Esiste invero il rego
lare anticesso, ma basta una finestra tenuta chiusa
più del necessario perchè la lunzione di questo
si annulli: ed è come se il gabinetto si aprisse
immediatamente sulla cucina. Si stabilisce inoltre
una servitù di passaggio nella cucina a favore
dei servizi igienici, servitù che, specie nel caso
che vi siano malati, è veramente poco raccoman
dabile.
Da qualche tempo è anche invalsa l’adozione
delle * cucinette », ossia dei piccolissimi vani
adiacenti all’ambiente principale di cucina e sul
quale vengono ammassati gli apparecchi (acquai,
fornelli, ecc.). E questo delle cucinette un pro
blema assai dibattuto e controverso: chi le consi
dera un reale progresso e una forma di migliore
civiltà, chi un semplice ripiego ammissibile entro
determinati vincoli e da accettare come un minore
male, chi senz’altro un errore da combattere.
Personalmente siamo dell’opinione intermedia.
Consideriamo la cucinetta come il portato di una
civiltà che non è la nostra, di una civiltà che con
sidera la casa, e soprattutto la famiglia, con con
cetti ben diversi da quelli che sono alla base della
nostra costruzione sociale. E la civiltà della fami
glia senza massaia che genera la cucinetta armadio,
della donna che lavora in competizione con l’uomo,
dei pasti freddi, delle vivande in scatola, delle
rosticcerie. Sene solo per dare l’ultimo tocco.
k
per preparare qualche cosa di caldo che serva ad
integrar gli alimenti già preparati acquistati tor
nando da! lavoro o dal circolo.
Da noi. affidata alle nostre massaie, diventa
funzionalmente un assurdo. E pure si afferma
per ragioni tipicamente piccoli borghesi — e che
sinceramente detestiamo —, per le ragioni che
governano tutta l’edilizia torinese: parere e non
essere.
La cucinetta alcova, anche se non chiudibile
perchè lo vieta il regolamento edilizio, può sempre
essere nascosta mediante opportuni tendaggi (op
pure può essere chiusa abusivamente) ed allora
l’alloggio acquista
apparentemente
un vano di più.
La cucina, qualora ne sia mascherata l’appendice
contenente gli apparecchi, può diventare un salotto,
una camera da pranzo, e il decoro della famiglia
sale di qualche gradino. Ma bisogna pensare che
questa è pura e semplice apparenza perchè le
funzioni di cucina non possono assolutamente
essere circoscritte nei limiti del vano cucinetta
qual è quello adottato dalla nostra edilizia: vi è
l’acquaio, vi è il fornello per la cottura (general
mente in cattive condizioni di luce e di ventila
zione), ma non vi possono trovare posto gli armadi
per la dispensa e per lo stovigliame, nè vi si può
compiere la preparazione delle vivande. Le fun
zioni della cucina si svolgono quindi con continue
interferenze fra i due ambienti, col risultato effet
tivo di maggiore scomodità per la massaia che
attende alle sue faccende, ma con le apparenze
salve nei periodi in cui essa cessa di essere cuoca
e sguattera.
Sottoscriviamo pienamente la razionale cucina
minima che i migliori architetti italiani e stra
nieri hanno abbondantemente studiato ed appli
cato, la cucina cioè che consente in modo rigoro
samente razionale, tutte le funzioni della cuoca,
dalla preparazione alla cottura ed alla rigoverna
tura. ma che impedisce il soggiorno. Essa rappre
senta un vero progresso sulla strada dell’organiz
zazione, dell’economia e dell’ igiene del lavoro
casalingo. Ma tale non è ia classica cucinetta della
moderna edilizia torinese.
Gli ambienti che oggi generalmente si trovano
nelle nuove case di Torino sono tutti troppo
piccoli, o meglio troppo stretti, per la necessità
di ricavare tanti vani in limitato sviluppo di fronte.
Nascono-ambienti la cui profondità è spropor
zionata rispetto alla larghezza e nei quali il modo
di disporre decentemente i mobili di serie diventa
un problema di prima grandezza.
Rarissimi sono gli alloggi i quali rivelano uno
studio organizzativo sulla base delle condizioni
materiali e morali della vita che in essi si deve
svolgere, ossia di quello che è il portato più inte