Table of Contents Table of Contents
Previous Page  570 / 1325 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 570 / 1325 Next Page
Page Background

ripetuta migliaia di volte al centro ed alla peri­

feria, messa dietro a tacciate di pietra o di umile

calce; forma pianimetrica ben poco migliorabile

se ci si basa sul presupposto di un tal lotto, di un

tal sfruttamento e di una tal ormai stabilita con­

suetudine, ma che certamente, obiettivamente

esaminata, è assai discutibile.

Tra l’altro l’alloggio centrale dislocato verso

strada dispone, come si dice, di un’aria sola,

ossia di insufficiente ventilazione. Cucina e gabi­

netto usurpano un posto immeritato nella parte

nobile della pur già misera facciatina. ed è com­

movente vedere gli artifici architettonici cui si

ricorre per mascherare un tal fatto. La canna delle

spazzature per tale alloggio deve necessariamente

essere posta verso cortile nell’ interpiano della

scala. Gli inquilini se ne possono servire supe­

rando ogni volta una rampa di scala e passando

in pubblico: ne consegue che le immondizie ven­

gono conservate in casa più di quanto sarebbe

desiderabile.

Riducendosi il fronte del lotto l’alloggio cen­

trale pure si riduce e può anche scomparire del

tutto, ma in tal caso peggiora la situazione verso

cortile; può capitare infatti che non si possa risol­

vere il disimpegno dei servizi igienici, i quali

cosi vengono ad essere resi accessibili direttamente

dal locale adibito a cucina. Esiste invero il rego­

lare anticesso, ma basta una finestra tenuta chiusa

più del necessario perchè la lunzione di questo

si annulli: ed è come se il gabinetto si aprisse

immediatamente sulla cucina. Si stabilisce inoltre

una servitù di passaggio nella cucina a favore

dei servizi igienici, servitù che, specie nel caso

che vi siano malati, è veramente poco raccoman­

dabile.

Da qualche tempo è anche invalsa l’adozione

delle * cucinette », ossia dei piccolissimi vani

adiacenti all’ambiente principale di cucina e sul

quale vengono ammassati gli apparecchi (acquai,

fornelli, ecc.). E questo delle cucinette un pro­

blema assai dibattuto e controverso: chi le consi­

dera un reale progresso e una forma di migliore

civiltà, chi un semplice ripiego ammissibile entro

determinati vincoli e da accettare come un minore

male, chi senz’altro un errore da combattere.

Personalmente siamo dell’opinione intermedia.

Consideriamo la cucinetta come il portato di una

civiltà che non è la nostra, di una civiltà che con­

sidera la casa, e soprattutto la famiglia, con con­

cetti ben diversi da quelli che sono alla base della

nostra costruzione sociale. E la civiltà della fami­

glia senza massaia che genera la cucinetta armadio,

della donna che lavora in competizione con l’uomo,

dei pasti freddi, delle vivande in scatola, delle

rosticcerie. Sene solo per dare l’ultimo tocco.

k

per preparare qualche cosa di caldo che serva ad

integrar gli alimenti già preparati acquistati tor­

nando da! lavoro o dal circolo.

Da noi. affidata alle nostre massaie, diventa

funzionalmente un assurdo. E pure si afferma

per ragioni tipicamente piccoli borghesi — e che

sinceramente detestiamo —, per le ragioni che

governano tutta l’edilizia torinese: parere e non

essere.

La cucinetta alcova, anche se non chiudibile

perchè lo vieta il regolamento edilizio, può sempre

essere nascosta mediante opportuni tendaggi (op­

pure può essere chiusa abusivamente) ed allora

l’alloggio acquista

apparentemente

un vano di più.

La cucina, qualora ne sia mascherata l’appendice

contenente gli apparecchi, può diventare un salotto,

una camera da pranzo, e il decoro della famiglia

sale di qualche gradino. Ma bisogna pensare che

questa è pura e semplice apparenza perchè le

funzioni di cucina non possono assolutamente

essere circoscritte nei limiti del vano cucinetta

qual è quello adottato dalla nostra edilizia: vi è

l’acquaio, vi è il fornello per la cottura (general­

mente in cattive condizioni di luce e di ventila­

zione), ma non vi possono trovare posto gli armadi

per la dispensa e per lo stovigliame, nè vi si può

compiere la preparazione delle vivande. Le fun­

zioni della cucina si svolgono quindi con continue

interferenze fra i due ambienti, col risultato effet­

tivo di maggiore scomodità per la massaia che

attende alle sue faccende, ma con le apparenze

salve nei periodi in cui essa cessa di essere cuoca

e sguattera.

Sottoscriviamo pienamente la razionale cucina

minima che i migliori architetti italiani e stra­

nieri hanno abbondantemente studiato ed appli­

cato, la cucina cioè che consente in modo rigoro­

samente razionale, tutte le funzioni della cuoca,

dalla preparazione alla cottura ed alla rigoverna­

tura. ma che impedisce il soggiorno. Essa rappre­

senta un vero progresso sulla strada dell’organiz­

zazione, dell’economia e dell’ igiene del lavoro

casalingo. Ma tale non è ia classica cucinetta della

moderna edilizia torinese.

Gli ambienti che oggi generalmente si trovano

nelle nuove case di Torino sono tutti troppo

piccoli, o meglio troppo stretti, per la necessità

di ricavare tanti vani in limitato sviluppo di fronte.

Nascono-ambienti la cui profondità è spropor­

zionata rispetto alla larghezza e nei quali il modo

di disporre decentemente i mobili di serie diventa

un problema di prima grandezza.

Rarissimi sono gli alloggi i quali rivelano uno

studio organizzativo sulla base delle condizioni

materiali e morali della vita che in essi si deve

svolgere, ossia di quello che è il portato più inte