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mento in cui egli aveva impugnato il bulino

e due anni prima che tanto onore fosse con*

cesso al Beauvarlet.

Da allora fu un susseguirsi di stupende

incisioni, che stabilirono la fama di bulinista

del torinese, che lo stesso Longhi additava

come modello di virtù bulinistiche a chi

amasse " precisione, nettezza di taglio, vergi*

nità di lavoro, fusione e trasparenza di tinte,

armonia di chiaroscuro, equilibrio d'artificio,

costanza di stile >. Secondo l'autore de « La

Calcografia ". il Porporati ha il merito di

avere introdotto « un nuovo artificio nell'inci­

sione delle carni, vale a dire l'intratàglio nelle

mezze tinte più vicine alla striscia dell'ombra,

invece dei punti oblunghi d'impasto nella

mandorla delle incrociature, e fatto inoltre

i punti d'impasto nelle mezze tinte chiare

non mai obliqui, ma sempre coll'andamento

dei primi segni: il che gli fornì il mezzo di

poter imitare per eccellenza certe carnagioni

di pelle fina, delicata e liscia, le quali non

hanno visibile porosità e lasciano trasparire

le vene, che i pittori chiamano oltramarìne ».

Per tal modo il Porporati fa ritenuto il primo

incisore italiano per purezza di lavoro e per

>•vezzi di bulino ».

Tornato, il 1773. nella sua città, fu eletto

socio di quell'Accademia di Belle Arti, e

rimase al servizio del re come professore di

incisione.

Venti anni dopo fu invitato a recarsi in

Napoli per fondarvi e dirigervi una scuola di

intaglio: col consenso di Vittorio Amedeo 111

vi si recò, restandovi poi quattro anni ed

eseguendo in quel periodo la « Madonna del

coniglio » ed il ritratto a punteggiato della

Regina di Francia Maria Antonietta.

Nel 1797, rientrato a Torino, ebbe dal

sovrano la nomina a conservatore dei Disegni

e Quadri del regio Gabinetto. Ultimo suo

lavoro d'incisione fu la « Leda nel bagno •del

Correggio; ma la vista indebolita per il lavoro

eccessivo e per l'età avanzata non gli impedì

tuttavia di ammaestrare buoni allievi, tra

cui il Palmièri.

Negli ultimi anni di vita e di attività, tra*

scorsi in un momento di tumultuose vicende

politiche, l'artista ebbe la consolazione di

ritrovare nel re Vittorio Emanuele I, tornato

nel 1815 nei suoi domini, la generosa com­

prensione e la munificenza del suo benefat­

tore.

«

Morì, settantacinquenne, nel 1816, men­

tre il sovrano, in riconoscimento dei suoi

meriti, lo nominava cavaliere dei saati Mau­

rizio e Lazzaro. Tra le più belle sue incisioni,

accanto alle già ricordate, sono ancora: la

•Susanna al bagno •del Saatene, la •Morte

di Abele - di Van der WerfF. la « Ziagarella

del Carreggia, la •Veaere che carezza Amare

*