

su tutti ed ha a tutti trasfuso i più puri ideali di
gloria che si riverberano perfino nei secolari co
stumi e nelle tradizioni familiari.
E’ nota l’ istoria della bellissima Tibilla che ri
cevendo nel Castello di Rujeca il fidanzato che era
Alfiere del Principe Danilo I pii ingiunse di non
parlarle d'amore, ma gli fece giurare di combattere
da valoroso colle armi, colle mani e colle unghie,
nè poscia pianse quando lo seppe morto da eroe.
Quivi le nozze si celebrano al guerresco rim
bombo delle «cariche di moschetteria; il battesimo
col bacio del neonato al fucile ed alla pistola del
padre e col voto augurale che non muoia imbelle
nel suo letto. I morti in guerra rivivono in eterno
nel cuore delle vedove e nell'animo dei superstiti
ed il loro valore è celebrato con pubblici riti e com
memorazioni.
Così la vita quivi si apre, palpita e si chiude in
un ciclo intessuto di entusiasmo, di forza, di bel
lezza e di poesia, in un'aura elettrizzante che av
volge lo spirito, inebbria la mente e commuove il
cuore e fa pensare alla strana antitesi della gran
dezza dei sentimenti e degli affetti di questo po
polo, coll'angustia dei suoi confini.
Le donne montenegrine. forti e coraggiose, con
corrono efficacemente non solo aU'andamento della
vita familiare, ma anche nella guerra aiutando i
combattenti ai quali portano armi, viveri, muni
zioni; agili, svelte, flessuose, fanno da vedetta sulle
balze dei monti spiando il nemico, ritirano e cu
rano i feriti e compongono i morti nelle fosse e
colla loro attività intelligente ed affettuosa fanno
sì die non un fucile venga distolto dalla linea del
fuoco, non un combattente venga immobilizzato.
Così anche la Casa del « Gospodar » partecipò
sempre ed anche colle sue Donne a tutto ciò che
comunque interessava la Patria.
Sono trascorsi nove lustri dall'epoca del fidanza
mento e delle nozze dei nostri Sovrani, ma i ricordi
di quel solenne avvenimento, che tanto influì non
solo nella loro vita privata, ma in tutta la Nazione,
oggi che il Montenegro per virtù delle armi del-
l'Asse ha scosso il ventennale giogo jugoslavo, affio
rano spontaneamente alla nostra memoria ed of-
rono una chiara visione non soltanto dell'ambiente
sociale e folkloristico, ma del valore intrinseco, del
l'alta spiritualità e ddla dolce fragranza poetica da
cui è dominata la valorosa ed affettuosa gente raon-
tenegrina. che vive fra la Dalmazia e l'Albania, ora
e per sempre italiane.
Questa poetica fragranza si riverberò nell'animo
dd valoroso, biblico e patriarcale Sovrano che oltre
a fin ire tutte le prerogative inerenti alla sua alta
ntfÉMe, possedeva anche qndla di poeta, poscia
tfUÉfeata
angusta sva figlia Eleva.
Infatti nel 1913 fu pubblicato a favore dei mon
tenegrini feriti un suo poemetto intitolato « A mez
zanotte » denso di visioni, leggende e di spunti fi
losofici e morali che dinotano uno spirito acuto,
vivace, una accesa fantasia e profonda conoscenza
dell'animo umano.
In altro componimento poetico, il Principe, con
squisita gentilezza e sana morale, esalta le virtù, le
gioie domestiche ed il culto della casa e dice alla
figlia Zorka, cui fu dedicato, che sui troni la feli
cità non è abituata a sedere, ma che risiede solo
nell’angolo della casa propria e nel lavoro serio
compiuto camminando per la méta mostrata da Dio.
Della nostra Regina Imperatrice citerò una bel
lissima ode dedicata alla guerra, apparsa la prima
volta collo pseudonimo di « Farfalla azzurra » in
una rivista russa, riprodotta poi in altra rivista ber
linese ed in due grandi giornali italiani e tradotta
in latino dal celebre latinista prof.
I
l l u m i n a t i
.
In tale componimento, assai lodato anche prima che
se ne conoscesse la gentile autrice, è descritta una
lotta fra bambini che giuocano alla guerra e che,
divisi in partiti, si colpiscono in guisa da tradire
il loro bellicoso istinto, mentre uno d'essi se ne sta
in disparte. La poetessa dapprima si chiede perchè
anche costui non partecipi alla lotta, ma poscia ri
sponde: «Perchè è il più forte»; e soggiunge:
« Cosi vogliamo anche noi cercare d'essere presto i
più forti perchè al più forte soltanto sorride la pace
sulla terra ».
Questo profondo concetto, che si immede«ima in
quello Mussoliniano : « La pace più sicura è all'om
bra delle nostre spade », è quello che nella storia
della vita ed in quella sociale e politica dei popoli,
come sugli insanguinati campi di battaglia, dedde
oggi della gigantesca lotta che la pluto-giudaico-
pseudo democrazia anglo-bolscevico-americana ha
scatenato nel mondo. Questo è un mònito solenne,
una palmare verità ed un sapiente insegnamento
che ci vien dato dalla nostra graziosa, colta e saggia
Sovrana!
* * *
Ed ora chiudo ripetendo il credo che il Dure pro
nunziò nel primo annuale della nostra guerra, la
quale può ben chiamarsi l'ottava Crociata :
« Io credo, fermamente credo che in questa im
mane battaglia fra l'oro ed il «angue, l'iddio giusto
che vive nell'animo dei popoli giovani ha scelto:
VINCEREMO! ».