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Questo richiamo fu ascoltato come un monito so­

lenne, come un supremo comandamento, come una

sacra consegna e trovò un'eco profonda nel mani-

foto dell‘attuale Governatore, l'Ecc. Bastianini, il

quale espresse « la ferina volontà di portare alla

Dalmazia ricongiunta all'Italia la legge di Roma e

l'ordine fascista » soggiungendo che per i Dalmati

è cominciata una nuova èra che li condurrà alla

« antica Madre dove Cristo pose la Sua sede e dove

l'impero Sabaudo rinnova i fasti e le promesse di

una storia immortale ».

Ed «ira passiamo a parlare del Montenegro paese

a noi tanto caro perchè terra natale della nostra

Regina e Imperatrice, che il poeta Domenico Gnoli

chiamò

« Principe*** grntil della Montagna

nera, alle nozze italirhe di«re«i ».

Di Essa e delle faustissime nozze regali (di cui

è uno dei pochi testimoni ancora viventi) me ne

parla sovente col fervido entusiasmo del patriota,

del soldato e del suddito fedelissimo, il mio illustre

amico ed antico superiore di 60 anni or sono nei

rossi e brillanti Cavalleggeri di Foggia, Conte

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a s t e l l e t t o

,

Teneute Generale di

Ca\a!leria, che fu Ufficiale d'ordinanza dell'allora

Principe di Napoli e lo seguì in occasione del suo

fidanzamento colla Principessa Elena del Monte-

negro, coprendo poi per tutto il periodo della gran­

de guerra la carica di primo Aiutante di Campo

(Generale del Sovrano.

Piccolo per su|»erficie, ma grande per il valore

dei suoi abitanti e per la funzione storica che la

geografia e la politica gli imposero attraverso i se­

coli, il Montenegro fu il bastione più sicuro contro

quella minaccia ottomana che afflisse l'Europa e

che a Zenta. a Vienna ed a Belgrado venne fermata

dalle armi vittoriose del Principe Eugenio di Savoia.

La Repubblica di Venezia, colla quale il Monte-

negro ebbe intimi contatti politici e militari, lo con­

siderava come il vero baluardo dell'Adriatico e l'il­

lustre storico mio amico Barone L

umbroso

lo de­

finì « il piccolo Piemonte » perchè il principio

dell'indipendenza nazionale fu sempre la ragione

della sua esistenza come avvenne per il Piemonte

e la sua Monarchia, al pari della nostra, ne fu il

fulcro creatore formando intorno ad esso, come av­

venne per l'Italia, un fervido alone di altissimo

patriottismo e di appassionata poesia.

Il nome di Montagna-Nera Cerna-gora, provenne

dalla rude magnificenza del roccioso e storico mas­

siccio del Monte Loween cui si aggiunge l'intensità

e le varietà delle foreste ricche di abeti e di faggi,

l'estensione dei pascoli fiorenti intersecati da laghi

e laghetti ed attraversati dagli

aflnenti

dell'impe­

tuosa Drina, il pittoresco splendore

dei superbi

pa­

norami, la natura degli abitanti, la varietà dei co­

lori e la forma delle loro vesti, l'austerità dei loro

semplici costumi, l'energia e la tenacia del loro ca­

rattere di montanari, infine la venustà delle mem­

bra, la bellezza dei lineamenti e la gentilezza del­

l'animo delle loro donne.

Tutto ciò unito alla naturale fierezza, alle avite

tradizioni, alla saldezza del patrio amore ed alla

spiccata tendenza guerriera, contribuì a dare a que­

sto paese anche il nome di « Nido d'aquile n cir­

condandolo di quella gloria ch'ebbe a risplendere

intoro a lui per ben cinque secoli facendo capo a

tutti gli eroi che difesero le sue montagne fino al

Wlachida Pietro I fondatore della dinastia dei Pe-

trovich e le cui ossa riposano nella chiesa di San

Peter a Cettigne.

La nòta colà dominante è la patriarcalità delle

usanze die domina tanto nella più umile casa,

quanto nella austera reggia del Principe il quale

chiamavasi « Gospodar » e che fu poi Re Nicola I.

Le case montenegrine, linde, arieggiate, benché

modeste, sono varamente tipiche e brillano per la

loro semplicità e per » estrema pulizia e non vi man­

cano mai le armi di cui vi è la massima cura.

All'epoca del fidanzamento della nostra Regina.

Cettigne aveva una larga via principale fiancheg­

giata da abitazioni tinte a colori vivaci, ciò che dava

loro un marcato tono di gaiezza al quale contribui­

vano i fiori olezzanti che ne guarnivano le finestre.

Vi erano edifici pubblici per i Ministeri, delle gra­

ziose palazzine, un teatro abbastanza vasto con pal­

co per la famiglia regnante ed un'attigua sala di

lettura.

Tra le varie chiese brilla per la sua architettura

quella di San Pietro già molto ricca d'oro e d'ar­

gento benché più volte devastata dai Turchi.

Notevole il palazzo del Prìncipe Nicola costituito

da un vasto e severo fabbricato rettangolare a due

piani, addobbato con artistica eleganza in cui spic­

cava il tradizionale carattere della più schietta sem­

plicità. Ed ivi viveva patriarcalmente la numerosa

famiglia principesca e dico patriarcalmente perchè

da quella Corte erano bandite tutte le pesanti e pe­

danti cerimonie. Una prova di tali sistemi la si può

avere pensando che il « Gospodar » soleva settima­

nalmente dare udienza ai suoi sudditi sotto un olmo

divenuto storico e quivi colla sua bonaria autore-

volezza emetteva inappellabili giudizi, derimendo a

rigore di giustizia tutte le controversie, divenendo

per tal modo, non solo Principe e Condottiero ma

anche Giudice, quantunque vi esistesse un Codice

Verso l'estremità della via principale di Cettigne

vi era il palano del Prìncipe Danilo, «ve allaggi» il

Principe di Napoli eoi

mm

legnilo.

Nel M a lrneyn il r— fetta della Patria —vr—ta