

(alia, già proposto un tempo quale lingua ufficiale,
risuona armoniosamente sulle purpuree labbra delle
bellezze femminili dalmate, dagli occhi rispec
chianti l'azzurro del cielo e quell» del mare, dalle
chiome corvine che si intrecciano graziosamente
sulle mobili teste, scendendo in riccioli capricciosi
e leggeri e dalle classiche forme, le cui audaci curve
fidiache male si celano «otto il frangiato e multico
lore scialletto.
Bellezze femminili dalmate, gelose nell'amore
per la Patria come nei più santi affetti del cuore.
Iddio vi benedica, perchè rifiutaste il sorriso ai ne
mici della vostra terra, e perchè osaste in giorni non
lontani rinunciare perfino alle gioie della maternità,
piuttosto che aver figli costretti ad indossare la di
visa dell'oppressore. Il dialetto veneziano è unico
nH suo genere e si adatta squisitamente all'anima
ardente ed appassionata di chi lo parla: ha la mor
bidezza. la soavità, la sonanza e l'agilità dell'onda
della sua laguna, sì che sembra talora che anche la
parola si culli mollemente come le caratteristiche
gondole sull'azzurra, mobile e pittoresca superficie
dei suoi canali. Ha delicate sfumature, sottili fi
nezze. modulate flessioni con cui riproduce intera
la gamma dei bei colori che accompagnano le splen
dide aurore ed i magnifici tramonti attraverso le
cupole ardite e le artistiche ricamate bellezze dei
monumenti, e delle splendide chiese specchiantesi
nell'onda tremolante.
Tralasciando le satiriche strofe che fiorirono in
seguito alla antipatriottica |»olitica governativa, im
posta dopo il trattato di Rapallo, citerò i bellissimi
versi veneziani di Rita
F
a m b r i
che alla graziosità
della forma accoppiano uno squisito sapore politico
e sentimentale:
« Disr San Marco: Mi pò m<—o ri -rpnii
a tnli
i
bri par-i drl mio rrpno:
cnjn<a i volerlo no »r
poi
falar:
\ardr hrn. fioi : dr qua r dr là drl mar.
do\r phr i r ri Lron. xr risa mia.
In malor-cga i S « b i e co*i »ia! ».
Sembra che i canti della Dalmazia abbiano quale
ispiratore il fremito della passione, quale poeta la
semplicità del pensiero e quale musico l'armonia
del dolore e sovente tradi~eono la mesta solennità
della preghiera, il palpito angoscioso del lamento,
la nota desolata della disperazione. Come ho pre
sente ancora alla memoria le patetiche note di una
fresca voce femminile proveniente da una barchetta
cullantesi nella rada di Zara in una notte serena
allorquando il Governo di allora temeva uno sbarco
Dannunziano da Fiume, note poetiche e commo
venti con le quali l'ignota sirena cantava:
• V «i «mila ip—da Adriata.
p m *
i n
gram
w d i n .
Dà
alla M
m m
■ 4 « l i .
Di*
te
U remétrà ».
La geografia, la storia, la letteratura e tutto il te-
soro artistico morale e culturale di una Nazione non
si improvvisano, non si falsificano, non si riducono,
non si sopprimono con dei trattati mercantili; sono
come le frontiere, « non si discutono, ma si difen
dono ».
Lo prova l'attuale rinascita del popolo Croato
che. come ben cantava il Giusti nel suo « Sant'Am*
hrogio », fu cotanto calunniato poiché non cono
sciuto, il fulgore della cui antichissima Corona, la
cui storia gloriosa, la cui insigne letteratura ed ata
vica civiltà, oppresse dal mosaico Absburgico e dal
l'ibridismo jugoslavo, risorgono dopo dieci secoli
nell'ora fatidica della resa dei conti di tutti quei
trattati dai quali esula il concetto della giustizia
sociale e della nazionalità dei popoli e risorge eoa
un valoroso Principe Sabaudo per Sovrano e come
sacra promessa per tutte le altre rivendicazioni.
L'italianità della Dalmazia ebbe in ogni tempo
vittime eroiche ed audaci assertori.
Fra questi ultimi citerò i miei illustri e carissimi
amici avv. Natale K
rkkich
. già deputato alla Dieta
dalmata, Spiridione A
rtale
, l'avv. L
uigi
Z
ìi
iotto
.
ex Sindaco di Zara, Senatori del Regno, ed il pro
sindaco Ascanio P
ersicialli
. purtroppo ora tutti de
funti.
I primi, per il loro patriottismo, furono oggetto
infami persecuzioni politiche; il secondo osò in Se
nato attaccare audacemente i maneggiatori del Trat
tato di Rapallo ed il terzo, vecchio venerando, al
Governatore del tempo al quale il 15 dicembre del
1920 erasi presentato coi componenti il Consiglio
Comunale, per scongiurare il pericolo di un fratri
cida conflitto, e che malgrado fosse da lui personal
mente conosciuto, tuttavia chiedevagli chi fosse,
ardiva dignitosamente rispondere che egli era il
primo cittadino di Zara e che esercitava coi suoi
colleghi il diritto di protesta soggiungendo : « Vo
stra Eccellenza mi potrà far scacciare con la forza,
ma non potrà mai impedirmi di dirle che ella ha
spergiurato ».
Gravi e coraggiose parole colle quali alludeva al
giuramento reso pubblicamente al popolo di Zara
alla presenza di Gabriele D'Annunzio, colà sbar
cato con due battaglioni di volontari fiumani che
egli poi voleva sciogliere e disarmare. Le scene dolo»
rose che ne seguirono furono descritte da « L'Idea
Nazionale » del 19 dicembre 1920 e se non accad
dero Intfuosi incidenti ciò fu solo per l'alto sensi
di pktriottismo e di nobile comprensione di chi do
vette eseguire o subire le disposizioni impartite.
Circa due anni prima della Marcia su Roma <
due mesi prima della suaccennata passione di Zara,
Benito Mussolini disse che i Dalmati « sono stati l
sono i più fedeli al richiano delle voci eterne e4
insopprimibili della nostra stirpe ».