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RICORDI DI DALMAZIA E MONTENEGRO

La sera del 4 novembre 1918 San Grisogono,

stando in effige a cavallo con la lancia in resta sulla

sommità della porta marina di Zara, vide da lungi

nell'ombra della notte invernale una luce miste*

riosa che dall'estremo orizzonte si avvicinava alla

spiaggia; quella luce crebbe, si ingrandì fino a di­

segnare nettamente la figura di una nave che si an­

corava sul Lido. E quella nave recava il saluto della

Gran Madre ai suoi figli, quella nave recava la fau­

stissima novella della redenzione, quella nave re­

cava i fratelli d'Italia reduci dalle aspre battaglie

della Patria!

I fratelli d'Italia, fra cui io pure ebbi a trovarmi,

i fratelli tante volte desiderati, tante volte sognati,

tante volte invocati nelle magnifiche strofe del

biondo Mameli, i fratelli d'Italia che spezzando le

e>ecrate catene venivano a portare il maggiore dei

diritti — la

Libertà

— il maggiore dei fastigi — la

Gloria

— il maggiore dei beni — la

Pare

— la pace

fulgente, la pace giusta, feconda, la pace promessa

dal

l'aneelit

di San Marco:

Pax tibi. Marre

,

evan­

gelista meus.

non già quella di Versaglia, che fu una

sofistica mistificazione, una vergognosa truffa, un

vile tradimento, di cui fervono tuttora le conse­

guenze che saranno fatali per coloro che la perpe­

trarono.

In quella notte i lunghi rintocchi della vecchia

campana di Santa Anastasia chiamarono a raccolta

il popolo, come ai tempi della Serenissima. E fu

una notte di gioia ineffabile, di commozione so­

lenne, di indicibile delirio, che diceva tra le la­

crime ed i sorrisi quanto avesse sofferto il cuore

generoso della città fremente.

San Grisogono parve commosso a tale vista ed

agitarsi sul suo cavallo nella fredda scultura che

lo raffigurava e parve abbassare la gloriosa ban­

diera dalmata dai tre dorati leopardi per salutare

i -oldati della nuova Italia, mentre echeggiava per

I aria il nuovissimo salmo dannunziano:

• O Mare,

a i rf drtr i ■tiri moni

mr

Ir mir m «ì! Rendimi U (feria ».

E Zara, ma essa sola, tra le vicende, gli ardi­

menti. lo «pergiuro e le disperazioni che ne segui­

rono. essa sola rimase italiana!

(Questo mistico salso allora invano echeggiò

lungo

il Lido di quella terra infelice ed invano ri-

mono come volo augurale m quello Muglio fatale

di Lissa intorno al quale le onde par che ripetano

i palpiti ed i sospiri di tante altre anime tradite ed

erranti su quei flutti, testimoni del loro eroismo e

della gloria loro.

Ma quell'onda ripercosse con spumeggianti fre­

miti gagliardi sovra gli opposti lidi l'eco gloriosa

della beffa di Buccari e dell'impresa di Premuda,

che narrando al mondo attonito le gesta dei nuovi

Eroi rivendicarono l'imperio sull'amarissimo mare

mentre l'eroiche nostre armate di terra, del mare

e dell'aria cementavano indissolubilmente col san­

gue l'unione di tutte le anime italiane nella subli­

mità del sacrificio più nobile che esista sulla terra

— la

morte

— ; n ’ ’norte vana, sterile e temuta,

ma la morte feconda, quella che fa rivivere i Caduti

di una vita eterna, ciò che accade quando essa viene

generosamente offerta come sacro olocausto alla

Gran Madre antica, offerta con animo forte, lieto,

libero, sereno, di chi compie un santo e grande do­

vere, sognando il bacio della gloria, cantando gli

inni della Patria è della giovinezza, e marciando

fieri, inesorabili, tremendi e pari, come proclamò

l'eroico Gen.

C

a s c in o

,

alla «

Valanga rhe sale

».

E la valanga salì non solo al Monte Santo, ma su

tutte le fronti perchè tutte le nostre umane valan­

ghe sono sempre formate di anime ardenti, gene­

rose, sospinte dai più nobili sentimenti e da quelle

indomite e possenti energie che costituiscono l'amor

di Patria.

Io venni in Dalmazia dopo un lungo pellegrinag­

gio attraverso il teatro della guerra con l'animo

ricco di entusiasmo, con la mente piena di ricordi

e con la fede nella grandezza della Patria salda­

mente radicata nel cuore.

Venivo dalle balze del conteso Trentino, in cui

pareva che il tumulto della pugna di Bezsecca si

unisse al canto degli adolescenti del 1900: c

Monte

Grappa, tu sei la mia Patria

» suggellato dall'ul­

timo grido di «Viva l'Italia! » lanciato da Cesare

Battisti fra le strette del capestro.

Venivo dal Carso sanguinoso ove brillava fulgida

la gloria del Sabaudo Condottiero della invitta ar­

mata.

Venivo da Gorisia, c

Imcittà delle rote

» , ove era

delitto unire le bianche e le rove al verde delle fo­

glie, e dove le torri del mio materno castello di

Rutars mi parlavano deU'rrni— dei miei Carabi

nieri a cavallo attraverso riso n o e del loro vaU-