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U N O S T O R I C O T E A T R O T O R I N E S E I N D E M O L I Z I O N E

DOVE TRIONFARONO I MIGLIORI ARTISTI DEL TEMPO E DOVE

SORSE IL PRIMO MOTO STUDENTESCO PER L’UNITÀ D’ITALIA

Un altro teatro torinese — il D'Angennes —

sta cadendo sotto i colpi del piccone demoli­

tore e. diciamo pure, risanatore. Segue le sorti,

in ordine di tempo, del Teatro Nazionale che

fu costruito nel 1845, assai capace ed armo­

nico, con quattro ordini di palchi e un log­

gione e del Teatro Gerbino di via Principe

Amedeo dal nome del suo proprietario che lo

eresse nel 1838 sul posto ove prima sorgeva

un circo scoperto per spettacoli di compagnie

equestri. Il Teatro D'Angennes, costruito nel

1700 da tale Guglielmone, venne riedificato

ed abbellito dal marchese D'Angennes nel

1821. Oltre che essere uno dei più vecchi ed

aristocratici teatri nel tempo in cui Torino

era capitale del Regno Subalpino, ebbe il

privilegio di accogliere le migliori formazioni

drammatiche dell'epoca fra cui la famosa

Compagnia Reale Sarda formata da Vittorio

Emanuele I re di Sardegna.

Questa rimase in piedi fin verso il 1852

quando, essendo scaduto l'impegno dello Sta­

to, una petizione alla Camera chiedeva si deli­

berasse se continuare o no questo aiuto all'arte

drammatica. Naturalmente ne sortì fuori una

delle solite discussioni parlamentari d’ allora

e di poi. Parlarono in merito una quantità di

oratori fra cui il Valerio, Brofferio, Avigdor,

il Guardasigilli Galvagno e perfino Cavour,

ministro allora delle Finanze. Brofferio so­

stenne la necessità di mantenere il sussidio

con l'eloquenza consueta, più da comizio che

da Parlamento, piena di calore e di colore

alla quale l'enfasi procacciava applausi e to­

glieva efficacia. In quel discorso — notava

anni dopo Ferdinando Martini che aveva

compulsato i verbali di quella seduta — Brof­

ferio aveva citato Pericle, l'attrice Marchionni,

Maria Teresa, Augusto, l'attore Vestii, Tor­

quato Tasso, Garibaldi, Corneille, Sparta, Ni-

nive, Menenio Agrippa, la Ristori e Cosimo

De Medici. Gli altri oratori furono concordi

nel contraddirlo negando il chiesto aiuto e

come ultimo strale contro Brofferio gli ricor­

darono che osava proporre sussidi ai teatri

dopo avere negato danaro alle fortificazioni

di Casale. Occorre ricordare che si eia, si

può

dire, alla vigilia delle guerre

del Risorgimento.

Cavour, accorto e attento nei piccoli come nei

grandi

dibattiti, se la

cavò affermando che

essendo il Governo e il Parlamento costretti

da alte necessità a imporre nuovi sacrifici alla

Nazione, non era conveniente di chiedere

questi sacrifìci a nome di ciò che non era di

pretta necessità. Così furono contenti tutti:

Brofferio che salvava la sua questione di prin­

cipio e Valerio — nonché i suoi compagni —

che per un motivo o per l'altro conseguivano

l'intento propostosi di abolire il sussidio. E la

Compagnia Reale andò disciolta.

Il D'Angennes

è

pure noto perchè fu i l

questo teatro che la sera del 13 gennaio 1821

durante la recita di una compagnia dramma­

tica francese, partì il primo grido di riscossa

contro lo straniero; epperciò il Ministero del-

l'Educazione nazionale il 28 dicembre 1838

notificava ai proprietari che il teatro aveva

importante interesse nazionale e quindi veniva

sottoposto alle disposizioni contenute nelli

legge 20 giugno 1809.

Nei lavori di demolizione la nuova società

proprietaria ha dovuto attenersi alle condi­

zioni imposte dalla Soprintendenza ai monu­

menti del Piemonte tra cui quelle di mante­

nere intatto « il pregevole prospetto sulla via

Principe Amedeo >.

Anni 1821-1941. Centoventi anni gius

sono trascorsi. Quanta strada e quanta stori

In Piemonte Vittorio Emanuele I in fo

del Congresso di Vienna tornato dall'es” '

dopo sedici anni finse di avere fatto un bru

sogno e con l'almanacco del Palmaverde

c

mano ristabilì offici, giurisdizioni, onori e

riche come prima. Ma il Congresso non ave

risolto le aspirazioni nazionali, aveva divi

l'Italia in tanti staterelli come una enfite

Si discuteva molto nei caffè e nei salo

perfino nei seminari, ma più nelle soci

segrete. I moti di Spagna per la Costituzio

avevano reso tutti pia baldanzosi ed ardi

senonchè la scelta dei mezzi era causa di

sidio. I più audaci volevano la rivoluzione

pigliar la mano alla monarchia e condurla

guerra: ma la maggioranza voleva le rifi

sancite spontaneamente dal Re e risolutame

si opponeva a tutte quelle vie che turb

la disciplina e il senso del dovere nell'

cito.

L'Università era frequentata da 1500

denti attenti per natura a disceraere i rie* ’

alle novità e pronti a passare alla e«'

azione della loro giovinezza. Qualche st

era affiliato singolarmente a società

ma

non

sembra eke prima dei moti