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.

i

P ro b lem i f in a n z ia r i e c r e d i t iz i in P iem on te dopo la R es tau ra z ion e

a.

,

Al principio del secolo X IX , in Piemonte,

la questione di una sicura e legale regola­

mentazione dei debiti dello Stato era urgente,

nè v ’era possibilità di calmare i creditori e

ridonare la fiducia, se non costituendo un

« Debito Pubblico » a somiglianza di quanto

era avvenuto negli altri Stati e nell’ Inghil­

terra in particolar modo.

Sentì questa necessità il Brignole, il quale

con R. Biglietto del 22 marzo 1816 (1) nominò

in Genova una Commissione coll’ incarico di

rilevare il debito del Ducato. Nell’ottobre dello

stesso anno fu istituita a Torino una « Giunta

provvisoria di Finanza » incaricata della liqui­

dazione del debito dello Stato, la quale lasciò

l’incarico ad una seconda istituita nel 1819.

Terminati i lavori che non dovettero, per la

confusione delle varie amministrazioni, essere

di facile svolgimento, il R. E. del 24 dicembre

1819 costituì finalmente il « Debito Pubblico •>

diviso in due classi, « redimibile » e «perpetuo ».

La prima comprendeva le rendite prove­

nienti dal Gran Libro di Francia e derivanti

dai Monti del Piemonte e dal Banco di San

Giorgio di Genova, dalla quarta parte del

debito del Monte Napoleone e dai crediti

dei Comuni. La seconda classe comprendeva

le rendite dovute ad enti morali, manomorte,

comunità civili ed ecclesiastiche, pubblici sta­

bilimenti, ecc.

Costituito il « Debito » si addivenne a emis­

sioni di rendite, che dal 1820 al 1826 assom­

marono a L. 1.407.576,59. Dal 1819 ad ecce­

zione del prestito di due milioni trattato da

Carlo Felice a Milano, non si contrassero più

prestiti fino al 1831.

Tra le difficoltà amministrative, si giunse

così, dopo la costituzione del « Debito Pub­

blico

»

a portare un po’ d’ordine in quel ramo

della finanza pubblica. NeU’ ordinamento tri­

butario invece si era ben lungi dall’aver rag­

giunti miglioramenti. Mancando un ordina­

mento catastale i tributi fondiari erano sog­

getti a forti «perequazioni.

Fu sentita la necessità di una generale

riforma, tanto che l ’ Editto del 14 dicembre

1818 sulle imposizioni tributarie dichiara che

il riparto dell’imposta prediale, verrà ancora

formato « sulle basi e nel modo sin qui prati­

cato » finché « un generale sistema di cada-

strazione territoriale, permetta di operare

nella ripartizione quei cangiamenti che pos­

s o n o

ravvisarsi giusti e convenienti: al quale

importante

scopo

ci verrà,

dal nostro primo

Segretario di

Finanze, rassegnato

un progetto

d’analogo regolamento,

èvuto

riguardo

ai luminosi principi che, anche in questa

parte delle leggi e dei regolamenti economici

erano stati adottati dagli augusti nostri pre­

decessori. ci vengano proposte quelle dispo­

sizioni che il tempo e l’esperienza rende ora

indispensabili ».

Purtroppo di tempo e di esperienza ne

occorse alquanta, se solo nel 1853 si istituì

un nuovo ufficio per « l ’attuazione dei lavori

del catasto ». Trentacinque anni dovettero

dunque trascorrere prima che si addivenisse

all’esaudimento della promessa di Vittorio

Emanuele I.

Per nulla soddisfacenti erano i risultati dei

contingenti sulle basi dei catasti i quali,

secondo il Plebano, « non esprimevano e spesso

non presentavano che cifre e segni di cui nes­

suno era in grado di determinare l’ attuale

significato » (

2

).

L ’ imposta personale e mobiliare in con­

fronto della prediale rendeva assai poco (3),

e il suo ammontare veniva fissato annualmente

dal Re e ripartito tra le provincie, in parte

secondo un criterio di tassa fissa personale

uguale per tutti, e in parte secondo quello

di una tassa mobiliare, proporzionata al valore

locativo reale e presunto delle abitazioni (4).

Le varie tasse sui consumi davano origine

alle così dette « gabelle », parte delle quali

essendo concesse in appalto dicevansi « accen

sate ». Molte proteste sollevarono tali impo­

sizioni, sia per l’eccessiva e sperequata gia-

vezza, sia per l ’arbitrarietà delle riscossioni

e la parzialità nella loro istituzione. Lo stesso

Ducato di Genova che pel trattato di Vienna

avrebbe dovuto essere esente da tali impo­

sizioni vi fu invece sottomesso, il che non

avvenne, come abbiamo già accennato, nella

Savoia, nel Ducato di Aosta, nel contado di

Nizza e nel Principato di Oneglia.

Le imposte di successioni stabilite dal

Governo Francese furono abolite e abolita

fu pure con R. P. 30 agosto 1814 la impo

sizione del 10 % stabilita con Editto del

16 marzo 1797, ma furono poi con Patenti

del 18 giugno 1820 ristabilite, rimanendo

però esenti dal tributo le successioni in linea

retta. '

jusunen, largamente applicati nel paese

Le continue emissioni di rendita, dopo i le condizioni alimentari del popolo, risentono

1819, contribuirono agli investimenti dei ri* il generale marasma chè, dopo il 1813, se la

spanni oziosi, mentre alla disor|

l’istituzione di un nuovo Banco di Sconto,

fondato appunto in quell’anno a Genova (5).

La soluzione del problema dell’ impiego dei

capitali dei privati cozzava contro le difficoltà

insite nella modesta economia, nè i vari pro­

getti che si preparavano al fine di istituire

collettori dei risparmi tesoreggiati, trovarono

favorevole accoglienza.

Non che non fosse sentita la necessità di

tali casse o banchi, ma la mancata coscienza

creditizia, e le incognite per l’investimento

dei fondi raccolti, sollevavano obiezioni e

timori negli elementi interessati (

6

).

Già in un noto « transunto » o relazione del

Conte Prospero Balbo circa un concorso del-

1Accademia delle Scienze, sul modo di orga­

nizzare i migliori mezzi per sollevare le sorti

degli operai filatori del 1788, si accenna ai

capitali oziosi « per mancanza di impieghi

utili e sicuri » (7). Non mutarono le sorti del­

l'economia in seguito, chè durante il dominio

francese non si sollevarono i depressi traffici,

e l'industria tradizionale della seta si trovò di

fronte a nuove concorrenze nel continente:

negli ultimi anni dell’occupazione le condi­

zioni economiche erano poi diventate preoc­

cupanti (

8

).

L ’altezza dei tributi imposti dai francesi e

che in qualche momento potremo chiamare

spogliatoli, non era incentivo alla riorganiz­

zazione di un’economia industriale.

Anche l’emigrazione permanente o tempo­

ranea verso la Francia e la Lombardia, è

un segno delle depresse condizioni dell’eco­

nomia piemontese. Nei primi anni susse­

guenti alla restaurazione si nota un ritorno

al passato nei sistemi di pagamento, poiché

rivissero i baratti, in sostituzione delle nor­

mali operazioni di compra vendita con mezzi

monetari. Grosse obiezioni sollevavano i vari

progettisti di enti creditizi, preoccupati di

trovare il modo di investire le eventuali som­

me ricevute in deposito.

La Cassa di Risparmio di Torino, fondata

nel 1827 e unico istituto collettore di risparmi,

riflette attraverso le cifre del movimento dei

depositi (9) i timori e le incertezze che si

prospettavano sin per quanto aveva riguardo

si rimborsi in tempi di crisi o carestie, sia

per quanto si riferiva al vecchio e non risolto

pròblema degli investimenti.

Ne è sintomo palese il ritorno a sistemi

nsuri ri

. Anche

a Torino, ad esempio, aumentò

diminuirono da 99 a 87 libbre. Sintomo

delle depresse condizioni economiche

tributaria e alla poca chiarezza nell’ordi nella ragione del 40 %, il consumo della carne

namento, si aggiungeva la mancanza di uni «ali solo in ragione del

21 % e

le razioni di

coscienza creditizia. Caduto nel 1797 il

di S. Giorgio, bisogna attendere fino al lt

per ritrovare negli Stati del Re di

Lentamente, a differenza di altri paesi,

passa il Piemonte da un periodo all’altro della

sua economia: irrilevanti le concentrazioni di

capitali, larga la pratica del tesoreggiamento

dopo i tristi esperimenti cartacei della fine

del secolo precedente; ancora viziata la cir­

colazione per l’incertezza e la sperequazione

nelle tariffe delle monete; lente le applica­

zioni delle macchine ed ostacolate talvolta

dagli stessi uomini di Governo; poca la dime­

stichezza dei nostri industriali e commercianti

con i paesi stranieri; timide le industrie e

modeste le intraprese; modestissimo, per non

dire insignificante, l’assorbimento dei capi­

tali; incompreso dai più il problema credi­

tizio; non pochi i vincoli remoti rimessi in

onore nel generale ritorno all’antico; ecco

alcuni aspetti caratteristici dell’economia pie­

montese nei primi vent’anni susseguenti alla

Restaurazione.

Ciò non ostante devesi dare ragione al

Prato quando sostiene che questa « diluizione

in un più lungo lasso di tempo e la intensità

assai minore co*’

si produsse in Piemonte

il fenomeno uni versale del trapasso alla tec­

nica industriale moderna, ne attenuò assai

la prime dannose ripercussioni sul tenore di

vita delle classi operaie, consentendo loro

invece di risentirne quasi esclusivamente, seb­

bene con ritardo ed a grado a grado, i van­

taggi » (

10

).

ANTONIO FOSSATI

(1) Lfr. R. P. 22 mano 1816. con Ir quali ti nomina in Genova ° " »

Commissione con l'incarico di rilevare il debito del Ducato e le R. P.

29 ottobre 1816 con le quali «i costituisce una • punta provvisoria

di finanza • incaricato della liquidazione del debito di Stato. Tale

giunto lasciò l'incarico ad una seconda istituita nel 1819. Cfr.

G io r­

d a n a

.

Storia del debito pubblico dei R. d 'ita li

«i, in « Miscellanea della

R. Accademia delle Scienze di Torino, Serie B, 427-7 », Torino, 1875,

p. 24 e seg. La costituzione del D. P. avvenne con R. E. 24 dicembre

1819. Si cfr. il « R. E. eoi quale S. M. costituisce un debito pubblico

diviso in due classi, redimibile e perpetuo, provvede all'assegno pel

pagamento de' proventi, all'estinzione ed amministrazione del awde*

simo > in dato 24 dicembre 1819.

(2)

A.

P

lebano

,

Storia detta finanxa italiana

,

voL 1.

pag.

7.

(3) Al 1814 le contnbnzioni dirette del Piemonte erano cosi sud­

divise:

Fondiate................. Fr. 14.028.116,26

Personale e mobiliare » 1.037.036,83

Porto e finestre . , >

466.788,88

P a t e n t i........................

509.510,02

A. S. di Torino, Sezione I, E, Finanze, Bilanci 1814-1818.

(4) A. Plebano.

op.

du,

pag. 7.

(5) Analogo istituto venne, nel 1847,fondato a Torino. Dalla finoae

del Banco di Genova

cm

quello tarine* nacque nel 1849 la Banca

Nazionale, ebe originò in seguito l'attuale Banca d'Italia.

(6) G. Piato,

Risparmio

« tradii» in

Piemomtr

mJTmmmrn

[moderna,

in « La Cam di Risparmio di Torino ari na |

•rata

degli operai

da

firn

i deSa IL Accademia deSe

dei

__________

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t- 885, 17S9. Sembra ebe una .«cada copia p ii —

esistesse nrll'arrInvio di Gara Baks a fn data ia niaae ai

9 quale ne pari* ne ■L’sm s

mia

politica naie I w I im a

m

grami degli « i n aiati (17SS-1850)., Modena, 1891, pag. 153.

(8) * »■ »-—. «— •-

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(9) Caca la Caaaa di l iiBinaii di Tariaa ia putii a h i • 2 aria-

traa a n n a t a dri Spanala

cfc.

C. t a m i a .

La t

amadi B a r n

Tanna aa aaai primi aan» aaas di naia, la • La Gaan di i

di T a t a ari n prina M inim i s Tarino. 1927.

(M ) C. P

baiw

. qp. aÉL, pag. lift, anta L