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P I EMONTE

MUTI LATO

il popolo italiano, nella stia immensa maggioranza,

era decisamente contrario a intervenire nella seconda

guerra mondiale: lo sanno tutti, lo ammettono gli

stessi popoli che hanno combattuto contro di noi, lo

riconoscono anche coloro che non hanno per noi

alcuna simpatia. E stata una guerra impopolare, una

guerra mal combinata, mal condotta, mal conclusa,

una guerra che a giusta ragione si può definire guerra

di un regime (del quale il popolo si è poi liberato

da sò) c non guerra di una nazione.

In particolare poi la popolazione piemontese aveva

mille e una ragioni sentimentali e pratiche per avver­

sare una guerra alla vicina Francia. Non c’era piemon­

tese che in quel maledetto io giugno 1940 non si

sentisse scontento, preoccupato, irritato, deluso a se­

conda del proprio carattere e del proprio modo di

pensare. Non uno certo che fosse soddisfatto. Quando

24 ore dopo Torino venne bombardata per la prima

volta da aerei che tutti ritenevano logicamente fran­

cesi (mentre si seppe poi essere inglesi), non ci fu nes­

suna esplosione di sdegno o di esecrazione; e quando

infine col passare dei giorni si vide che sulle Alpi non

si faceva proprio niente o quasi niente, i piemontesi

furono lieti che la dichiarazione di guerra alla Francia

fosse rimasta un gesto simbolico e teorico senza quasi

alcuna pratica attuazione.

Nella storia della guerra mondiale infatti, i 14

giorni di ostilità sulla frontiera italo-francese sono un

episodio assolutamente insignificante e per combina­

zione quel pochissimo che avvenne tra Italia e Fran­

cia, si verificò lungo la Riviera c non sulle Alpi.

Ebbene, per una strana ironia della sorte, per una

malvagia disposizione del destino, i danni che all’Italia

sono stati apportati dal trattato di pace, si addossano

tutti, per la parte che riguarda la Francia e le clausole

territoriali, proprio sul Piemonte. Il trattato di pace

pesa con tutte le sue clausole sulla intera nazione;

per la

rritorialc però grava particolarmente sul

Piemonte e sulla Venezia, le due regioni d'Italia che

escono mutilate dalla guerra. Se le mutilazioni occi­

dentali non hanno l’importanza la vastità, l’estensione,

la profondità, la risonanza, gli effetti di quelle orien­

tali, hanno però una caratteristica loro propria che da

un certo punto di vista le rende più odiose; ed è che

sono contro la logica, contro il buon senso, contro

tutte le ragioni che si possano immaginare e inventare

di carattere storico, culturale, geografico, linguistico,

etnico, economico, sentimentale.

Ma la storia,

Ministra Vitat,

insegna che le fron­

tiere tracciate dagli uomini non sono mai state defi­

nitive e poiché questa nuova frontiera stabilita così

irrazionalmente e irragionevolmente nel 1947, sarà in

avvenire sicuramente discussa, giudicata, esaminata,

riteniamo opportuno riportare qui gli articoli del fa­

migerato Trattato di pace che sancisce il distacco dal

Piemonte di un lembo della sua carne viva.

Le clausole territoriali del Trattato di pace con

l’Italia sono contenute negli articoli dal 2 al 12.

Quelle riguardanti la frontiera italo-francese, sono

elencate nell’articolo 2. Eccolo:

C L A U S O L E T E R R I T O R I A L I

Sezione

1

: Frontiere.

Art. 1. -

Le frontiere dell'Italia rimarranno quelle esistenti al i° gennaio ig jS , salvo le modifiche di cui

agli art. 2, j , 4, 1 1 e 12. Queste modifiche sono tracciate sulle mappe allegate al presente trattato (allegato 1).

In caso di discordanza fra il testo relativo alle frontiere e le mappe, farà fede il testo.

Art. 2. -

La frontiera tra l'Italia e la Francia sarà modificata come segue, rispetto a quella del primo gen­

naio 1938 :

1.

Colle del Piccolo San Bernardo. -

La frontiera seguirà lo spartiacque, abbandonano Fattuale

confine ad un punto situato a circa due chilometri a nord-ovest deWOspizio attraversando la strada a circa un

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