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Rivista MuseoTorino / n.8

Cappella della Sindone

,

spaccato e pianta. Incisione

su disegno di Giovanni

Tommaso Borgonio, 1669-

1670. Archivio Storico della

Città di Torino.

Chambéry

, veduta. Incisione

su disegno di Giovanni

Tommaso Borgonio, 1674.

Archivio Storico della Città

di Torino.

contemplare il sacro lenzuolo non solo quale singolare

reliquia in rapporto al mistero della morte e risurrezione del

Salvatore, ma anche come misteriosa veridica immagine del

Cristo martoriato e sepolto. A ciò lo inducevano consuetudini

meditative che si esternavano anche nella sua predicazione

e nelle dimostrazioni della sua pietà. I più antichi testimoni

non attribuiscono la visita della Sindone a un voto fatto

durante la peste (come si asserì più tardi), ma a un’interiore,

profonda aspirazione. Il gesuita Francesco Adorno, che

partecipò al pellegrinaggio, dice concisamente che il cardinale

«haveva fatto dar cenno più volte di desiderare di visitar

questa santa reliquia», e il fedele biografo Carlo Bascapè

riferisce che «come un segno del suo animo divinamente

infiammato e un’azione singolarmente esemplare apparve a

tutti il pellegrinaggio a Torino».

Borromeo condusse una sorta di itinerante esercizio

spirituale, che preludeva alla diretta contemplazione

della Sindone durante il viaggio a piedi di quattro giorni,

intrapreso in compagnia di alcuni sacerdoti e familiari, cui

si aggiunse a Vercelli il vescovo Bonomi. A Torino ebbe una

prima visione del sacro telo dispiegato su di un tavolo nella

cattedrale e lo scrutò in intenso raccoglimento. Poi partecipò

con vari vescovi all’ostensione che ebbe luogo il 12 settembre

da un palco eretto dinanzi al Palazzo ducale. Durante le

Quarantore che seguirono in Duomo pronunciò due sermoni

e infine un «bellissimo ragionamento» prima che si riponesse

il sacro lenzuolo nella cappella ducale.

Il Borromeo tornò a Torino per l’ostensione che ebbe

luogo il 13 e 14 giugno 1582, con la partecipazione del

cardinale Gabriele Paleotti. In quell’occasione Carlo,

oltre a un sermone al popolo, ne tenne uno in privato

dinanzi al giovane duca Carlo Emanuele I. Vi aggiunse

quindi, con la franchezza che si poteva permettere e la

confidenza che aveva stabilito con Carlo Emanuele, una

severa considerazione dei «frutti della passione e morte di

Cristo in particolare quanto ai prìncipi», in cui ricordava

l’obbligo del duca di Savoia di onorare col comportamento

del giusto principe il retaggio di una tale reliquia. Nella

stessa occasione, non approvando che la Sindone restasse

rinchiusa nella cappella ducale, propose di trasferirla nella

cattedrale; diede quindi incarico al suo architetto, Pellegrino

Tibaldi, di progettare all’uopo un ampliamento del coro: un

pensiero da cui germineranno l’edicola e poi la cappella-

reliquiario. Carlo ritornò a venerare la Sindone ancora

nell’ottobre del 1584, poco prima della morte, e poi, come

già nel 1578, si recò a proseguire le sue meditazioni, in

forma di ritiro spirituale, dinanzi alle cappelle che nel Sacro

Monte di Varallo rappresentano “al vivo” la passione e la

sepoltura di Cristo.

Duomo nuovo

A Torino, nel 1578, Carlo Borromeo

ebbe una prima visione del sacro

telo che fu dispiegato su un tavolo

nella Cattedrale.

leggi su

www.museotorino.it

Palazzo Reale, già ducale

Sede stabile della dinastia sabauda

dopo il 1563, con il trasferimento

della capitale del ducato da

Chambéry a Torino. Il 12 settembre

1578, l’ostensione della Sindone

ebbe luogo da un palco eretto

davanti al palazzo.

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www.museotorino.it

La risoluzione di portare la

Sindone a Torino era coerente

col trasferimento della corte

nella città subalpina

Il viaggio della Sindone

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The journey of the Shroud

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