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anch 'essi con una tradizione corporativa risalente al secolo

XVII,

sant'Omobono. Nella

chiesa metropolitana di San Giovanni i mastri calzolai veneravano i santi Crispino e

Crispiniano, mentre i lavoranti si radunavano in quella del SS. Nome di Gesù per

venerare gli stessi protettori. Analogamente i padroni prestinai celebravano

sant'O–

norato, mentre i lavoranti gli tributavano il culto in San Carlo e i garzoni fornai onora–

vano san Rocco nella chiesa di San Tommaso. In quest'ultimo edificio i mastri scarpel–

lini celebravano i santi Lucia, Euseo e Teobaldo, i mercanti vetrai e specchiari

sant'Antonio da Padova e ancora lavandai, sellai e altri artigiani compivano i loro atti

di culto. Infine fabbricanti e mercanti di cappelli onoravano san Giacomo maggiore

nella chiesa di San Rocco; i giovani filatojeri san Giobbe in quella di San Michele e i

giovani tintori di seta Maria Assunta in San Carlo.

AI di là delle chiese e delle celebrazioni dei santi patroni, non esistevano luoghi e

occasioni in cui gli aderenti ad associazioni di mestiere fossero soliti adunarsi?

È

noto

quanto il caffè borghese e 1'osteria proletaria abbiano contribuito alla formazione e

all' aggregazione politica degli ambienti sociali di riferimento. Essi inoltre potevano

assolvere a una funzione pratica: «soprattutto per i ceti popolari - è stato osservato -

usare le osterie per ospitarvi Società di mutuo soccorso [... ] era senza dubbio un

risparmio; significava non gravare con le spese di alloggio sui magri bilanci dell' asso–

ciazione»26. Si tratta però di un 'opportunità fruibile in una fase successiva al 1848,

quando la vita collettiva avesse finalmente potuto esprimersi in luoghi pubblici 27 . Fino

a quel momento le numerose osterie e cantine, ossia mescite di vino per lo più colloca–

te sotterra, di cui Davide Bertolotti calcolava il numero nel 1840: 159 le prime e 21le

seconde 28 , non potevano rispondere che a esigenze individuali o di gruppi assai ristret–

ti, mancando la premessa per riunirsi legalmente. Una diversa considerazione deve

invece essere riservata al pranzo sociale, che si collegava alle celebrazioni del santo

patrono. Come ci ricorda ad esempio un articolo comparso sul n. 18 del giornale «La

Concordia», al pranzo dell'Unione dei Carrozzai torinesi del 16 gennaio 1848 inter–

vennero, pronunciando discorsi di incitamento alla guerra, Roberto d'Azeglio, Broffe–

rio, Sineo e il conte Chiavarina 29 . Il banchetto dei sodalizi operai venne infatti ben pre–

sto utilizzato dai ceti dirigenti come un'eccezionale occasione per la propaganda poli–

tica ed elettorale,.nonché per il consolidamento dei rapporti di

patronage

tra notabili e

lavoratori. Questo canale, particolarmente idoneo a una fase in cui la politica non era

ancora professionalizzata, anziché isterilirsi con il tempo avrebbe conservato la sua

funzione anche in seguito, riuscendo ancor oggi a restituire una parvenza di genuina

socialità alla dilagante spersonalizzazione dei rapporti umani.

26

MARIA MALATESTA,

Il caf/é e l'osteria,

in MARIO

ISNENGHI (a cura di),

I

luoghi della memoria. Strutture ed

eventi dell'Italia unita,

Roma-Bari, Laterza, 1997, p. 60

27

Discorso analogo può essere fatto per quanto con–

cerne altri tipi di ritrovi, come società filarmoniche, filo–

drammatiche e sportive:

è

indicativo il fatto che proprio

nell'aula dell'Accademia filarmonica di Torino si tenesse

il 18-20 ottobre 1851 la prima adunanza dei rappresen–

tanti di 33 società dello Stato Sardo in occasione della

festa inaugurale della Società generale degli operai di

Torino un anno dopo la sua costituzione.

28

Si veda DAVIDE BERTOLOTTI,

Descrizione di Torino,

per cura di

G.

Pomba, 1840. Q ui si cita dalla ristampa

154

anastatica, Torino, Viglongo 1967, pp. 386-387. Su Berto–

lotti e sulla sua opera si veda PAOLO PIASENZA,

Corte

sabauda, devozioni e mercantI; alterni protagonisti di un

tema politico,

in ROSANNA ROCCIA e COSTANZA ROGGERO

BARDELLI (a cura di),

La

città raccontata. Torino e le sue

guide tra Settecento e Novecento,

Torino, Archivio Storico

della Città, 1997, pp. 174-176.

29

ASCT,

Collezione Simeom,

C 5679.

Ringrazio Costanza Roggero Bardelli per i preziosi sug–

gerimenti fornitimi, Rosanna Roccia e le sue collaboratrici

per l'aiuto alla consultazione dei documenti dell'Archivio

Storico della Città di Torino.