

CARLO
GIUSEPPE
TALUCCHI, CARLO SCIOLLI,
Pubblico ginnasio di latinità
e
Vestibolo .
Litografie, 1835 (Colle–
zione privata).
quali la storia naturale, la geografia, la storia sacra e profana e l'aritmetica14. Il fatto
però che esse fossero affidate, senza alcun compenso aggiuntivo, a insegnanti formatisi
secondo il metodo antico induce a dubitare che le innovazioni avessero già avuto
modo di affermarsi.
Unica via d'accesso agli studi superiori (cioè alla filosofia e quindi all'Università,
attraverso l'esame di Magistero), oltre che alle carriere e agli impieghi, le scuole di lati–
nità erano frequentate da alunni di collocazione sociale piuttosto varia. Ne stavano
lontani solo «i nobili antichi»15 e i più poveri, che non erano in grado di pagare il
minervale, cioè la tassa imposta sugli studi, da cui erano esentati coloro che fossero «di
distinto talento e condotta esemplare». Erano comunque numerosi i figli di artigiani e
piccoli commercianti indicati dai registri delle scuole della città, cui la Municipalità
aveva tentato di offrire uno sbocco alternativo con le scuole comunali superiori, poi
soppresse e sostituite da una terza classe «italiana» aggiunta al corso inferiore
l6 •
A metà degli anni quaranta le scuole elementari, rette dai fratelli delle scuole cri–
stiane, erano divise in scuole inferiori e superiori. Nelle prime, composte dalla sesta e
dalla settima maggiore e minore, s'insegnavano «il leggere e lo scrivere, e le più indi–
spensabili nozioni per l'uso della lingua italiana, non che i primi elementi della gram–
matica, della numerazione e dell' aritmetica», ma soprattutto «il catechismo minore
della Dottrina cristiana», mentre un po' più ampio era il programma delle superiori,
con le classi dalla terza alla quinta
17 •
Quattro scuole con sedici classi, a Porta di Po, Porta Susa,
in
Borgo Dora e nei locali
del convento di San Filippo, di cui solo le ultime due avevano «corso compiuto
di
pri–
mario insegnamento», a cui s'aggiungevano la scuola Superiore
di
San Primitivo e le
classi tenute per conto dell'Opera della Mendicità istruita
l8 ,
non erano molte per una
città di
125.000
abitanti, anche se erano forse troppe per i fratelli che a furia di voler
essere presenti dappertutto si riducevano a far insegnare anche ragazzi di
14
e
16
annil
9 .
Le numerose scolaresche (settanta era il limite massimo per le scuole di latinità e
cento addirittura veniva considerato un numero adeguato per quelle elementari) si
14
Istruzione ai maestri delle scuole inferiori dette di 4"
5'
e
6' ,
del 12 giugno 1840,
Collezione celenfera delle
Leggi,
Torino, Favale, 1840, pp, 693-705,
15
VrTIORJO BERSEZIO,
I miei tempi,
Torino, Formica,
1931.
16
ARCI-ILVIO STORJCO DELLA CrTIÀ
DI
TORlNO (d'ora
in poi ASCT),
Collezione IX,
n, 198, p, 63, Per i registri,
Carte sciolte,
n, 655,
17
Il programma consisteva nell'«imparar bene la
lin–
gua italiana e usarla nel discorso e nello scritto, saper la
grammatica, l'aritmetica, alcuni elementi d'algebra, posse-
180
der le principali nozioni della geografia, gli elementi della
storia sacra e profana, non che della storia patria, saper
bene
il
catechismo maggiore, e finalmente imparar bene
la calligrafia»: ASCT,
Ragionerie,
1846, vaL 6, pp, 593-
617, Relazione intorno al progetto di stabilire una nuova
scuola nell'edificio nuovo sul corso della Cittadella,
18
Su questa itituzione torinese si veda CARLO CARRE–
RA,
Brevi cenni sulla
R.
Opera della Mendicità istruita in
Torino dalla sua origine sino all'anno
1878, Torino, Bona,
1878,
19
ASCT,
Ragionerie,
1846,
Relazione.. ,
cito