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il corso primario, mentre in una delle estremità sarebbe stata collocata la cappella. La

scuola "modello" nasceva tuttavia come riattamento di locali che, pur pensati per

«uso di scuole», non sembrano dotati di una particolare configurazione, che riflettesse

le innovazioni nel metodo e nei contenuti dell'insegnamento, salvo forse per una certa

sensibilità per l'igiene testimoniata dalla presenza dei lavandini e di un cortile alberato

per la ricreazione degli scolari.

.

Certo si trattava di un passo avanti rispetto alle altre scuole torinesi, che avevano

sede in ex conventi o in case in affitto, ed erano spesso in condizioni igieniche preca–

rie; la scuola di borgo Dora, ad esempio, in un quartiere che impressionava per «l'irre–

golarità, pessima costruzione» delle case e per la «lividezza e squallore degli

abitanti»29, era vicina ai maleodoranti macelli, né le scuole di latinità erano in migliori

condizioni:

Il locale nel quale sono presentemente collocate le scuole dette di Porta Nuova non

è

adatto a siffat–

to uso: è male ripartito, alcune camere sono anguste; l'ingresso è comune agli affittuavoli, e per

soprapiù vi ha bottega un maniscalco, che con l'esercizio di suo mestiere disturba quotidianamente

le classi

3o .

Nonostante i suoi limiti, la scuola della Cittadella costituiva una tappa significativa

nella crescente formalizzazione dell'insegnamento, verso una scuola strutturata e

chiaramente definita nei suoi obiettivi e nel suo pubblico. Per il momento tuttavia

una simile realtà era largamente minoritaria: dalla statistica delle scuole e degli istituti

di educazione del 1851 ci giunge piuttosto l'immagine di una molteplicità dei luoghi

e degli itinerari formativi, con caratteristiche profondamente differenziate

l;l

seconda

del sesso e delle condizioni sociali degli utenti3

1 .

Si pensi ai numerosi istituti assisten–

ziali che ospitavano fanciulli e fanciulle poveri, talvolta orfani, e sotto il pretesto di

fornire soluzione alla questione sociale e apparecchiare la manodopera necessaria alle

«industrie» cittadine li impiegavano in sfibranti attività lavorative generalmente a

bassa qualificazione, cui solo negli ultimi anni si erano aggiunte limitate nozioni teo–

riche. Solo un' ora di lezione quotidiana nelle discipline ritenute più utili all' esercizio

dell' arte (dalla lettura corretta e calligrafia al disegno d'ornato e alle principali nozio–

ni di meccanica) era infatti prevista nell'Albergo di Virtù, che pure costituiva il fiore

all' occhiello tra gli istituti cittadini miranti all'educazione «tecnologica» (come allora

veniva definita)32. L'antico istituto, situato in piazza Carlina, e frequentato da fanciulli

di estrazione artigiana, addestrava, per sei anni, all'esercizio di svariate arti (tra le

quali prevaleva la tessitura), affidando gli allievi a mastri chiamati all'interno dell'isti–

tuto. All'interno dell'Albergo, la contiguità degli alloggi con i laboratori (cui si cercò

di porre rimedio solo alla fine degli anni quaranta) era l'immagine quasi fisica di

un'immersione totalizzante nella manifattura

33 •

Quest'aspetto garantiva d'altra parte

un pronto collocamento, spiegando le ragioni della popolarità dell'Albergo tra gli

artigiani della città, che facevano a gara per iscrivervi i figli. Si trattava però di un

modello ormai in declino, per i suoi alti costi; alla richiesta di qualificazione profes–

sionale legata allo sviluppo dell'economia cittadina erano destinate infatti a sopperire

in misura crescente scuole e corsi per esterni, rivolti ad apprendisti e artigiani già in

attività: alle tradizionali scuole del disegno, che aveva110 sede nel Palazzo del Munici–

pio ed erano rivolte ad una vasta gamma di lavori artigianaliJ4, si erano infatti affian-

29

ULRICO CREMONESI,

I Fratelli entrano nelle Scuole

Comunali inf eriori di Torino,

in «Rivista lasalliana»,

1978,

pp.

19-5l.

30

ASCT,

Collezione I,

171,

n.

448,

cito in

ibid.,

p.

30

31

ASCT,

Affari Istruzione,

cart.

1, 1850,

Quadro della

statistica delle scuole e degli istituti di educazione desunto

dalle consegne ricevute dai singoli stabilimenti nel corso

dell'anno 185 1.

32

CARLO ILARIONE PETlm DI RORETO,

Notizie sull'e–

ducazione tecnologica degl'Istituti caritativi in Torino,

in

«Annali universali di Statistica», voI. LXXIII,

1842,

pp.

127-153,

ora in ID.,

Opere scelte,

a cura di GIAN MARIO

BRAVO, Torino, Fond.

L.

Einaudi,

1969,

voI. I, pp.

737-765.

33

Calendario generale pe' Regi Stati,

Torino, Stampe–

ria sociale degli artisti e tipografi, XXV,

1848,

p.

605.

34

Le scuole, che comprendevano l'ornato,

il

disegno

183