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Terminati gli studi superiori, che aveva seguito presso il seminario di Mondovì,

ottenendovi apprezzamenti alterni sul suo comportamento umano e religioso e sul suo

rendimento negli studi, il Gorresio si iscrisse alla Facoltà di Lettere dell'Ateneo torine–

se e qui conseguì nel 1830, l'anno stesso in cui fu consacrato Sacerdote, la Laurea in

Filologia Classica: gli ottimi risultati ottenuti gli valsero la facoltà di trasferirsi per un

biennio a Vienna per seguirvi un corso di perfezionamento in questa disciplina.

Rientrato a Torino nel 1832, fu invitato a tenervi un corso di storia presso la locale

Accademia Militare. Furono alcuni suoi lavori sull'origine della mitologia e sul metodo

di interpretarla, sulla poesia di Pindaro, sull'affinità delle lingue greca, latina e tedesca

che lo segnalarono all'attenzione degli studiosi e che gli valsero

l'aggregazione

alla

Facoltà di Lettere.

Attivo, pieno di interessi, aperto a ogni iniziativa culturale, il Gorresio fondò nel

1837 con Carlo Marenco e Carlo Boncompagni la rivista scientifico-letteraria «Il

Subalpino». Fu allora che il marchese Antonio Brignole Sale, ambasciatore del regno

di Sardegna a Parigi, sollecitato da alcuni studiosi, lo invitò a Parigi dove il Gorresio

poté cominciare, sotto la guida del grandissimo indologo Eugenio Burnouf lo studio

della lingua e della letteratura sanscrita, iniziando allo stesso tempo lo studio del cine–

se, le cui lezioni erano tenute da Stanislao Julien. Questi, dopo qualche tempo, tentò

con molta insistenza, ma senza successo, di guadagnarlo agli studi sinologici.

Dopo pochi anni di studio appassionato, il Gorresio ritenne in piena coscienza di

essere in grado di realizzare, con «rigore di scienziato, ispirazione di poeta ed entusia–

smo di artista» - così ebbe a dire di lui il Pizzi -,

l'edizione

critica e la traduzione ita–

liana del

Ramaya1Ja

di Valmlki.

Le innumeri difficoltà intrinseche e peculiari della lingua sanscrita, la strabocchevo–

le ricchezza del lessico che caratterizza tutte le opere di stile "prezioso", sovraccarico

di espedienti retorici, di artifici meccanici e di preziosismi espressivi, avrebbero dissua–

so qualsiasi altro sanscritista, seppur grande, dall' affrontare un'impresa così imponente

e impegnativa. Ma così non fu del Gorresio e, quel che maggiormente sorprende, come

si

è

già detto,

è

che egli abbia avuto

l'ardire

di intraprendere da solo, e di portare magi–

stralmente a termine, dopo pochi anni di studi appena, un'opera di grandezza ciclopi–

ca, destinata a legare il nome di lui alla storia stessa della Letteratura Sanscrita.

Quest'impresa, eccezionale sotto il profilo scientifico e tecnico, fu resa possibile

grazie all' aiuto finanziario concesso dal Re Carlo Alberto e mantenuto negli anni suc–

cessivi dal Governo Piemontese pur tra difficoltà tutt' altro che lievi. Questa realtà la si

evince facilmente dalle pagine di un ricco epistolario che ha seguito passo passo la

preparazione e la realizzazione dell'opera.

È

una corrispondenza dalla quale emergono

i momenti di una lunga e tormentata vicenda amministrativa, certamente amara ma

umanamente comprensibile nella dialettica sottesa per anni alle varie fasi di questa

gloriosa e mirabile avventura scientifica. Valse a sorreggere il Gorresio nella sua imma–

ne fatica la consapevolezza che il lavoro, una volta compiuto, avrebbe dato al Piemon–

te il vanto e la gloria di aver fatto dono all'Europa e al mondo di un'opera tanto insi–

gne. Ma valse molto, sul piano concreto, la sensibilità e la lungimiranza di alcune gran–

di personalità politiche e di alcuni illustri rappresentanti di una élite nobilissima della

società piemontese che accompagnarono e sorressero l'immane fatica dello studioso.

Per sua fortuna, il Gorresio ebbe

l'aiuto

benevolo e lungimirante del Conte Beraudo

di Pralormo, del Conte Stefano Gallina, di Monsignor Pasio, di Louis des Ambrois de

Nevache, di Urbano Rattazzi, del Conte Ponza di San Martino, di Giovanni Lanza e

del Conte Benso di Cavour. Nel suo insieme, le luci e le ombre che hanno accompa–

gnato il nascere di questo monumento immortale ne rendono più umana la vicenda,

più mirabile la figura e l'opera di Gaspare Gorresio.

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