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Bernardino Drovetti

(1776-1852) Medaglione inciso,

s.d. (ASCT,

Collezione Simeom ,

C 12376).

la prima sede degli studi di Sanscrito in Italia, avrà dunque l'onore ambitissimo di

accogliere, proprio agli albori del III millennio il «Congresso Mondiale di Studi San–

scriti» che vedrà riuniti nella nostra città e nel nome di Gaspare Gorresio i più insigni

sanscritisti di tutto il mondo.

Diverso l'altro importante settore dell'Orientalistica Torinese, quello degli Studi

Semitici i quali non hanno avuto nel loro corso alcuna interruzione. Solidissime le basi

poste nel

XVIII

secolo: da quando, nel 1720, Vittorio Amedeo II ripristinò la cattedra

di Lingua Ebraica e Semitica chiamando ad occuparla l'abate patavino Giuseppe Pasi–

ni, ben noto studioso di lingua siriaca, semitica ed etiopica e autore di una grammatica

ebraica, dall'anno in cui l'insegnamento dell'ebraico e delle lingue orientali fu affidato

al domenicano cuneese Amedeo Agnesi (1738), da quando comparve sulla scena degli

studi orientali il grandissimo Gian Bernardo De Rossi (nato a Castelnuovo Canavese

nel 1742), che a 22 anni pubblicò un Poema in ebraico e che fu dottissimo di ebraico

biblico rabbinico, di caldaico, di arabo e di siriaco, tanto da essere chiamato dal Duca

di Parma a insegnare le lingue orientali nella locale Università di recente fondazione ,

non ci fu più soluzione di continuità fino al 1800 quando la Cattedra delle Lingue

Orientali presso l'Ateneo Torinese fu affidata a Tommaso Valperga di Caluso, noto

matematico e dottissimo orientalista, stimato autore di una rinomata grammatica della

lingua copta,

Literaturae copticae rudimentum

-

che egli pubblicò (Parma, 1783) sotto

lo pseudonimo di Didimus Taurinensis - e di un volume di

Prime Lezioni di grammati–

ca ebraica

(Torino, 1805).

Gli era stata affidata nel frattempo (1800) la cattedra di Lingue Orientali, che egli

tenne fino al 1815. Le basi degli studi semitici a Torino erano dunque state poste in

modo autorevolissimo, e la continuità di questi studi era ormai solidamente assicurata.

L'anno 1815, anno della sua scomparsa, la Cattedra di Lingue Orientali fu affidata al

più prestigioso dei suoi discepoli, l'abate Amedeo Peyron (1785 -1870) , uno fra i più

dotti, originali e rinomati specialisti nel campo della linguistica semitica e camitica: le

affinità strutturali e culturali esistenti tra queste due aree rendevano d 'altronde ovvio,

e spesso necessario, il passaggio interno e reciproco fra i due ambiti d'indagine. L'am–

pia notorietà della quale godeva il Peyron era dovuta soprattutto alla sua sperimentata

e ormai nota competenza nel campo della papirologia: già ne aveva potuto dare prova

con la pubblicazione a Tubingen del Catalogo dei Codici Membranacei di Bobbio e

con la lettura, all'Accademia delle Scienze, del testo e della traduzione di cinque papi–

ri greci che gli erano stati affidati dal Museo Drovetti. Quanto al copto, i cui primi

rudimenti il Peyron aveva appresi dal Caluso, è chiaro che intorno al 1830 egli ne

aveva ormai acquisito una sicura competenza - come sembra deducibile dai contatti

che ebbe con il coptologo Henry Tattam, in vista di una collaborazione per l'edizione

comune di una Bibbia copta - tanto che nel 1835 fu in grado di pubblicare un

Lexicon

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