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costituivano i luoghi deputati. Il nuovo corso assunse quale riferimento gli indirizzi

teorico-pratici della scuola romana e di quella parigina; termine di paragone e modelli

ispiratori restarono inizialmente l'antica Académie Royale di Parigi, fondata nel

1671

e

più volte rinnovata nei suoi statuti, o l'Accademia romana di San Luca, istituita nel

1588;

punti di passaggio obbligato per gli studenti migliori. Ma la più generale esigen–

za di una nuova organizzazione dello stato in tutti i paesi d'Europa a poco a poco inci–

se anche su tali processi e provocò ulteriori profondi mutamenti.

L'architettura divenne «espressione di precise politiche di riforma» attuate «attra–

verso i miglioramenti organizzativi e di servizi»7; vennero edificati ospedali, scuole,

asili e ospizi, forni, macelli e altre strutture di servizio civiche e si riplasmarono i nuovi

spazi urbani.

Nel

1795,

in Francia, l'École des Ponts et Chaussées si era fusa con la Scuola del

Genio militare, dando vita alla prestigiosa École Polytechnique, al cui modello si guar–

dava già da ogni parte di Europa e da cui uscirà anche Carlo Bernardo Mosca, autore

in Torino dell'omonimo ponte sulla Dora e della facciata della Basilica mauriziana. Di

conseguenza «gli architetti che operano nel regno Sardo, così come si

è

ricostituito

dopo l'esperienza napoleonica, sono ancora in parte il frutto delle scuole istituite nel

periodo precedente, in parte già sentono le insorgenti esigenze della società borghese

affiorata, tra contrasti e compromessi, dopo il

1821»8.

Nuove forme di attenzione si

vennero così rivolgendo quindi verso Parigi e Roma; ma contemporaneamente anche

verso la Svizzera, verso Vienna, Berlino e Londra.

È

in questa atmosfera che a Torino, proprio con un acuto sguardo all'Europa, si

affermarono, sotto la guida di Bonsignore e di Talucchi, i primi allievi della Scuola di

Architettura, fra cui emergevano Alessandro Antonelli, Carlo Borra, Giuseppe For–

mento, Giuseppe Frizzi, Giuseppe Leoni, Gaetano Lombardi, Ignazio Michela,

il

fecondissimo Barnaba Panizza, Carlo Promis, fino a Luigi Formento, autore del tem–

pio valdese, l'opera architettonica più celebre ed emblematica del regno di Carlo

Alberto, anche per la sua enorme risonanza politica e socio-culturale.

Un'attenzione a parte andrebbe riservata a quegli architetti che, per cause e con

motivazioni diverse, percorsero sentieri singolari, come Ernst Melano che lavorò

essenzialmente, quale architetto del re Carlo Felice eppoi della regina vedova Maria

Cristina, ai restauri dell' abbazia di Hautecombe e dei castelli reali in Savoia; o come

Pelagio Palagi, che per Carlo Alberto disegnò essenzialmente gli arredi o i nuovi inter–

ni del castello di Racconigi, delle residenze reali di Pollenzo e di Torino (il salone da

ballo e la cancellata che chiude la piazzetta Reale), per concludere la sua carriera

quale professore d'Ornato all'Accademia Albertina; o, ancora, come Giovanni Der–

vieux che, nel

1811 ,

progettò «un'ampia piazza in capo al ponte sul Po, con grandiosi

edifici attorno e conchiusa da un'esedra semicircolare contenente la statua equestre di

Camillo Borghese»9governatore imperiale di Torino e cognato di Napoleone. Al cen–

tro della piazza e con l'asse maggiore parallelo alla strada di Moncalieri, Dervieux pre–

vedeva l'edificazione di un tempio a pianta ellittica, di cinquanta metri quadrati più

vasto di quello della Gran Madre di Dio che Ferdinando Bonsignore progetterà nel

1818,

con altro spirito ma certo con la precisa consapevolezza di quanto suggerito da

Dervieux; del quale non restano che progetti interessanti, spesso rifiutati e comunque

mai realizzati.

Dopo la Restaurazione, dapprima timidamente sotto Vittorio Emanuele I, nel

1818;

poi con maggiore sistematicità sotto Carlo Felice, tra il

'23

e il

'26;

e infine a partire

dal

1831

con Carlo Alberto, lo sviluppo urbano di Torino si realizzò attraverso piani

settoriali di ampliamento che investirono inizialmente le zone contigue ai bastioni

292

7

C.

P ALMAS,

Op.

cito

8

Ibidem.

9

C.

BOGGIO,

Lo sviluppo edilizio di Torino dalla rivo-

luzione francese alla metà del sec. XIX,

Comunicazione

fatta alla Società Ingegneri e Architetti in Torino nella

seduta del 16 dicembre 1916.