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ziane, dell'espressionismo fisiognomico del russo Karl Pavlovic Brjullov, dell 'energia

di Horace Vernet.

Attraverso questo ri ammodernamento del suo palazzo,

il

sovrano mise così in atto

un programma di politica culturale volto a più obiettivi: il rinnovamento secondo

il

gusto contemporaneo degli ambienti in cui la dinastia officiava le sue cerimonie pub–

bliche e si mostrava in privato, la creazione di un 'epopea iconografica del proprio

casa to, il supporto agli studi d 'arte e, quel che più conta in questa sede, la promozione

dell e arti e l'apertura degli orizzonti artistici nel proprio stato.

Per quest' ultimo fine ebbe certamente la massima importanza la decisione di Carlo

Alberto di aprire al pubblico la propria collezione.

Siccome per il numero de' qu ad ri , di cui S. M. adorn ar si piace le proprie stanze - sottolineava Pier

Alessandro Paravia nel suo discorso per l'onomastico ciel re nel 1847 - va un dì più che l'altro molti–

plicandosi, così gli veniva la nobile iclea cii trasferirli ecl es porli tutti nelle sale che occupava prima la

sua biblioteca p ri vata; formanclo in tal modo un a galleria di opere moderne che, al paro di quella da

lui fondata nel Palazzo Madama, potrà con diletto essere visitata dal cittadino, e con profitto studia–

ta dall 'a rti sta.

Un altro personaggio della casa regnante da citare per le sue scelte collezionistiche

non provinciali in fatto di arte contemporanea è la regina Maria Cristina. Insieme al

consorte Carlo Felice fin dagli anni venti essa si era dedicata alla formazione di colle–

zioni d 'arte , privilegiando tuttavia a quel tempo interessi archeologici. Dopo

la

morte

del marito , proseguendo la sua grande impresa - il restauro dell'Abbazia di Haute–

combe, centro del

troubadour

sabaudo - nel 1833 essa si rivolse a un artista in gran

voga,

il

piemontese attivo a Milano Giovanni Migliara, specialista in vedute, interni e

scene di gene re di minu ziosa grazia fiamminga. La commissione consisteva in tre

vedute del monumento-simbolo della dinastia, due delle quali da un momento non

precisato risultarono irreperibili nel Castello di Aglié, cui erano state destinate. Ma

il

deli zioso

Interno della cappella Belley dove

è

sepolto Carlo Felice,

ricomparso quest'an–

no sul merca to d 'a rte , è stato assicurato alla fruizione pubblica dalla Fondazione

G uido ed E ttore De Fornaris di Torino ed

è

ora esposto nella Galleria Civica d'Arte

Moderna e Contemporanea della città.

Negli anni qu aranta , forse influenzata dalle scelte moderne di Carlo Alberto , la

regina vedova si convertì al gusto della pittura di soggetto storico-romantico e alle

scene di vita contemporanea. Rispetto a quanto

il

sovrano andava facendo nelle sue

res idenze, essa dimostrò una sua autonomia sia per la scelta dei pittori, che furono

romani , ma anche piemontesi non convocati da Carlo Alberto e liguri, sia per i temi

assegnati agli artisti , che privilegiano le storiche occasioni cerimoniali, come i rappor–

ti dei sovrani con imperatori e pontefici. O ggetto delle sue cure fu ancora

il

Castello

di Aglié, per il quale programmò la decorazione della galleria della chiesa con settan–

tad ue ritratti di cavalieri dell 'Annunziata e dal 1845 la galleria delle Arti. Al suo

mecenatismo si deve così l'arrivo in Piemonte di due dipinti di grande impegno di

Ferdinando CavalIeri, direttore del pensionato degli artisti sardi a Roma e pittore di

gabinetto di Ca rlo Alberto: una scena contemporanea, la

Visita di Gregorio XVI a

Maria Cristina

(1842) e una storica,

L'imperatore Sigismondo di Lussemburgo incorona

Amedeo VIlI primo duca di Savoia

(1844), entrambe al Castello di Aglié, documenti

della maestria scenografica del pittore piemontese e della sua ricchezza coloristica, che

lo appa renta più al romanticismo moderato francese detto del

juste milieu

che non al

punsmo romano.

Da Parigi giungeva intan to al Cas tello uno dei più affascinanti dipinti di cui la casa

regnante fu committente in quel decennio, la

Partenza di Carlo Felice da Milano (1844 ,

castello di Aglié) di Fe rdin ando Michele Storelli (1808-post 1877), che illustra con

fedeltà di ritrattista e di cronista contemporaneo nella scia di Horace Vernet e con

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