

Roberto, in una lettera del 3 dicembre 1847, che ormai «il luogo interessante» non era
più Roma, bensÌ Torin0
55 .
Questo «andar con chi va» verrà dunque contraddetto e consumato durante la
campagna del 1848, in cui dovrà far la guerra con la peggior truppa che
ci
fosse, men–
tre, a poche miglia più in là l'esercito piemontese si batteva gloriosamente. Il '48 pie–
montese è vissuto
in partibus,
a distanza e per procura. La questione se si dovesse tor–
nare a Torino diventava progressivamente e unicamente quella di sapere se si accetta–
va, al primo posto, la responsabilità del potere, cioè se a Torino si erano operate quelle
mutazioni ed erano ormai riunite quelle condizioni perché la causa piemontese potes–
se essere difesa e servita come causa italiana. Torino era la capitale dell'unico stato
rimasto indipendente e costituzionale. Gli inviti fattigli alla fine del 1848 e nei primi
mesi del 1849 lo trovavano ancora sulla difensiva, non per ragioni politiche bensÌ per–
sonali: «Ne ho voglia come di buttarmi da un terzo piano», scrive il6 maggio, un gior–
no prima di accettare
56 .
Ma a Torino tornò. E, fatte salve le villeggiature, tornò per
restarci.
396
55
A
R.
d'Azeglio, 3 dicembre 1847,
Epist.,
III, p. 497.
56
A Filippo Oldoini,
Epist.,
IV, p. 369.