

timo come Genova, sia della tradizione alta del Rinascimento, che essi cercavano inve–
ce nei monumenti di Firenze o di Venezia. Soprattutto, il fatto che più colpisce nella
visione di Torino da Londra, è il silenzio dei viaggiatori inglesi in Italia sulla capitale
sabauda. Probabilmente non era un caso che l'ambasciatore britannico a Torino, lord
Abercromby, trascorresse lunghi periodi di tempo a Genova negli anni quaranta, come
testimonia la sua corrispondenza
l0.
Lord Abercromby conosceva bene l'ambiente politico della corte, ovviamente, e
riteneva Carlo Alberto di buona volontà e aperto alle correnti riformatrici; tuttavia
Abercromby trovava anche debole e indeciso il re, soprattutto perché al centro di una
corte reazionaria, la quale, secondo Abercromby, non meritava che il disprezzo del
governo inglese. Scriveva in questi termini a lord
J
ohn Russell, uomo politico della
massima importanza nel nuovo governo
whig-liberal,
dopo la caduta di Peel nel
1846
e, dal nostro punto di vista, probabilmente fra i personaggi più influenti nel mondo
intellettuale e culturale di Londra:
I am always afraid that the baneful influence of the powerful retrograde faction that still has access
to his ear may be sufficient to make him waver in his conduct, and thus not only impair his own
political power but help perhaps to entail real evils and dangers upon his countryJl .
Ecco l'immagine di Torino che riceveva Londra, in diretta da Abercromby, voce
ufficiale del governo inglese. L'immagine cioè della capitale di un paese retrogrado
che aveva un gran bisogno di riforme fondamentali, ma dominato da un ceto dirigente
reazionario. Lord Abercromby non pareva dunque avere contatti o conoscenza diretta
con il ceto colto torinese fautore di una politica innovatrice e riformatrice: suo disinte–
resse? sua disinformazione? Sta di fatto che l'ambasciatore inglese a Torino negli anni
quaranta incontrò per
la
prima volta gli esponenti di questo ceto in occasione della
visita dell'economista Richard Cobden a Torino, nella primavera del
1847 ,
come testi–
monia Cesare Balbo in una lettera a Massimo d'Azeglio del giugno: «I pranzi del Cob–
den mi hanno tratto a poco a poco a conoscere Abercromby»12.
È
però interessante
notare che in occasione del viaggio di Cobden, Abercromby lo mise in contatto con
varie personalità a Genova, dove organizzò addirittura per lui una cena con uomini
d'affari della città nel mese di gennaio
13 .
Invece in maggio, al momento della visita di
Cobden a Torino, il suo discorso all'Accademia delle Scienze e la cena che seguì furo–
no merito solo dei torinesi
14.
Va aggiunta un 'altra considerazione a questa condizione di conoscenza a senso
unico tra il ceto liberale torinese e l'intellettualità progressista - sia politica che cultu–
rale - di Londra. Cioè che, per quanto gli intellettuali torinesi liberali cercassero avi–
damente di vedere pubblicati i propri articoli nei grandi giornali e riviste di Londra e
avessero contatti con uomini politici e uomini colti liberali in Inghilterra, si ha l'im–
pressione che si servissero di questi contatti quasi esclusivamente per spiegare al pub–
blico colto inglese la politica unitaria, specialmente le critiche al governo pontificio,
con ben scarsi riferimenti allo stato sabaudo e allo sviluppo di Torino. Massimo d'Aze–
glio cercava nel
1847
di pubblicare qualche articolo sul «Tirnes» con l'aiuto di
Edward Horsman. Scriveva a Balbo da Roma nell 'aprile
1847:
Mi sono messo in relazione con uomini di stato inglesi. Uno in specie membro della Camera, del
partito Russell e molto influente.
È
uomo sincero, ama l'Italia, ed ho combinato con lui per aver
sovente articoli sul «Times» che ci ajutino. Credo la cosa importante assai
15 .
IO
In FOREI GN OFFI CE,
British and Foreign State
Papers,
voli.
XXX-XXXVI
(1839-1848) , London, 1857.
Il
Ralph Abercromby a lord John Russell, 25 settem–
bre 1847, in GEORGE
P.
G OOCH (a cura di),
The later
Correspondance 01 Lord fohn Russell,
1840-1 878,
London,
Longmans
&
Co., 1925,2 voli., voI. I, pp. 311-3 12 .
12
Cesare Balbo a Massimo d'Azeglio, giugno 1847,
in
MASSIMO D'AZEGLIO,
Epistolario,
a cura di GEORGES VIR-
LOGEUX, Torino, Centro Studi Piemontesi , III (1846-
1847), 1992, p. 506, nota 4.
IJ The European Diaries 01 Richard Cobden,
1846-
1849,
a cura di MILES TAYLOR, Aldershot , Harvester,
1994, p. 131.
14
[bid. ,
pp. 132-135.
15
Massimo d'Azeglio a Cesare Balbo, 3 aprile 1847,
in
M. D'AZEGLIO,
Epistolario
cit., voI. III, p. 304.
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