

piccolo e dinamico principato, per tutta la durata della sua esistenza,
conclusasi nel 1418, fu infatti Pinerolo.
Questa constatazione, unita al fatto che, proprio nel 1280, Torino
aveva cambiato definitivamente padrone, invita a qualche riflessione
comparativa sia sui modelli storici di città
2
, che nel basso Medioevo es-
sa perseguì, sia, e in relazione con essi, sulle forme e sulle conseguenze
della centralità a cui via via nel volume occorrerà far riferimento per me-
glio comprendere la storia torinese.
Qualche chiarimento va dato, soprattutto per il lettore non speciali-
sta, sul passaggio «dall’autonomia al comune non libero» che non va let-
to in chiave weberiana, come espressione dell’antitesi fra autonomia ed
eteronomia, come perdita irreparabile di qualsiasi forma di libertà poli-
tica; i termini dell’antitesi più che possibilità alternative rappresentano
qui i punti estremi di una gamma di varianti
3
. Come infatti nei secoli
centrali del Medioevo, Torino non usufruì mai di una autonomia poli-
tica piena tanto che, anche nel momento dello sviluppo più maturo del-
la civiltà comunale, l’evoluzione delle sue istituzioni di autogoverno ap-
pare incompleta e «sembra riflettere le angustie di una società politica
destinata a essere eterodiretta»
4
, così, una volta inserita nel principato
sabaudo, mantenne la possibilità di autoamministrarsi tramite il proprio
consiglio comunale, pur sottoposto al controllo politico del vicario e del
giudice, scelti dal principe, di redigere in modo parzialmente autonomo
i propri Statuti, di condurre una propria politica economica e fiscale
all’interno del
districtus
cittadino.
Inserita nella nuova dominazione territoriale, ma caratterizzata a lun-
go da lotte di parte e da congiure antisabaude, controllata dal castello
fattovi erigere da Filippo di Savoia-Acaia, impossibilitata a svolgervi un
ruolo politicamente centrale, dall’ultimo ventennio del
xiii
secolo al pri-
mo del
xv
Torino assunse aspetti di marcata ruralità, fortemente sotto-
lineati, dopo la metà del Trecento, dal declino demografico e da una cri-
si economica gravissima che toccò il culmine nei primi anni del Quat-
trocento. Il numero relativamente cospicuo di piccoli e piccolissimi
possessori e proprietari terrieri che vi abitavano, dal reddito fondiario
insufficiente e quindi desiderosi di integrarlo con introiti derivanti
dall’esercizio dell’artigianato, del piccolo commercio, del lavoro sala-
xviii
Rinaldo Comba
2
Cfr.
p. rossi
(a cura di),
Modelli di città. Strutture e funzioni politiche
, Torino 1987.
3
Per una lucida rilettura critica del saggio weberiano sulla città raccolto in
Wirtschaft un Ge-
sellschaft
cfr.
p. rossi
,
La città come istituzione politica: l’impostazione della ricerca
, in
id.
(a cura di),
Modelli di città
cit., pp. 5-27, a p. 23.
4
e. artifoni
,
Il gioco politico-diplomatico dall’autonomia al comune non libero
, in
sergi
(a cu-
ra di),
Storia di Torino
, I cit., p. 689.