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Il passo successivo, dopo decenni di consolidamento della centralità

politica e amministrativa acquisita nel Piemonte sabaudo, fu, già alla fi-

ne del Quattrocento, la trasformazione di fatto, grazie alla prevalenza

strategica tutta recente dei dominî cismontani su quelli savoiardi, in ca-

pitale dell’intero ducato: una capitale finalmente abituata a essere per

lunghi periodi anche la residenza di quei duchi sabaudi e della loro cor-

te, che sino a quel momento, in quanto appunto residenza, l’avevano

assai poco apprezzata. Nei primi decenni del Cinquecento avvenne poi

un passo ulteriore: il primato di Torino si consolidò grazie alle esigenze

di stabilità della burocrazia ducale e all’insediamento in città del «Con-

silium cum domino residens», da sempre itinerante, mentre la Camera

dei Conti continuava a risiedere, come ormai avveniva da secoli, a

Chambéry. Ormai capitale amministrativa di fatto di tutto il ducato,

Torino divenne, nel secondo decennio di quel secolo, anche sede me-

tropolitana acquisendo funzioni centrali più rilevanti in campo eccle-

siastico, ma la costituzione dell’arcidiocesi non fu il risultato di un na-

turale processo di crescita di importanza della diocesi torinese: fu una

sorta di compensazione della costituzione, nel 1511, della nuova dioce-

si di Saluzzo che aveva mutilato gravemente l’antico distretto diocesa-

no torinese. Essa ebbe tuttavia il vantaggio di mettere la città in una po-

sizione di prestigio, non soltanto nei confronti delle due diocesi suffra-

ganee di Ivrea e di Mondovì, ma anche rispetto ad altre sedi episcopali

della regione piemontese che eventualmente fossero state inglobate nel

ducato sabaudo.

Tali metamorfosi che, fra

xiv

e

xvi

secolo, videro Torino concretiz-

zare in modo tutt’altro che lineare modelli diversi di città e forme

altrettanto diverse di centralità, furono alla base di una crescita demo-

grafica ed economica che, già abbastanza robusta alla metà del Quat-

trocento, divenne tumultuosa nei decenni successivi. Essa fu caratte-

rizzata da un’immigrazione massiccia di manodopera specializzata e di

personale a vocazione burocratica e intellettuale: se nel 1415 erano at-

tivi a Torino 5 dottori in legge e un solo dottore in medicina, nel 1523

i dottori in legge o i loro eredi erano almeno 47 e quelli in medicina 9,

senza contare una cinquantina di causidici, procuratori, segretari e com-

missari ducali. Rilevante anche il folto numero di

mercatores

, piccoli e

grandi, provenienti da gran parte del Piemonte e dalle regioni vicine, ri-

cevuti, ancora nei primi anni del Cinquecento, come

habitatores

. Si ag-

giunse, contemporaneamente, una robusta immigrazione nobiliare che

drenò aristocratici e risorse da gran parte del Piemonte e fece di Tori-

no un centro di consumo soprattutto di prodotti di qualità dalle di-

mensioni insospettate: un centro capace di dar lavoro, nei primi decen-

Torino 1280-1418 / 1418-1536: due modelli di città

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