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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

struzione di piloni in mattoni, in alcuni casi in palese sostituzione di

precedenti colonne lignee; gli edifici interessati si trovavano lungo la

strada pubblica o vicino alla piazza di città. Proprio sul mercato il

do-

minus

Ribaldino Beccuti, grande proprietario terriero, vassallo del prin-

cipe Amedeo d’Acaia, tra i cittadini più potenti e attivi nel comune,

chiese nel 1404 di poter erigere un portico secondo una tipologia già

realizzata da un altro proprietario: il modello, funzionale alla destina-

zione commerciale dell’edificio e ben inserito nella corona di portici

già esistente intorno alla piazza, venne apprezzato dagli incaricati del-

la credenza proprio perché furono ritenute più belle le volte rispetto

agli altri

edifficia lobiarum

. La motivazione di carattere estetico è im-

portante perché mostra come anche a livello istituzionale la classe di-

rigente tenesse conto di considerazioni che superavano le necessità più

concrete e prefigura il rafforzarsi di intenti migliorativi nel corso del

Quattrocento

1

. Il controllo dei funzionari si esplicò in quell’occasione

nella salvaguardia dello spazio aperto della piazza, che non doveva es-

sere ingombrata oltre il pavimento lastricato, e nella transitabilità del

portico stesso, le cui misure avrebbero dovuto permettere il passaggio,

tra i piloni e i banchi adibiti alla vendita, di persone a piedi e a caval-

lo. Tra gli anni Venti e gli anni Trenta del Quattrocento sono testi-

moniati altri interventi dello stesso tenore, tanto che lungo tutta la

piazza di città sembra fossero ormai diffusi i portici voltati, spesso com-

presi in cellule edilizie che presentavano sul fronte stradale volte aper-

te fondate su tre piloni in muratura

2

. Anche al di fuori della zona stret-

tamente commerciale, cioè lungo la strada maestra in cui scorreva la

Dora grossa, si hanno attestazioni della diffusione dei portici con vol-

te e piloni, apprezzati come «opera lodevole». Ancora negli anni Ses-

santa del Quattrocento una casa vicino alla chiesa di San Dalmazzo,

nei pressi di Porta Segusina, venne ristrutturata in questa maniera se-

guendo il modello di un porticato adiacente che era detto esistere

ab

anticho

3

.

Lo sforzo di attuare interventi migliorativi è documentato anche da

un’ingiunzione dei sindaci del 1434, che ordinava di ripristinare il mer-

cato coperto dei calzolai, situato nella piazza di città, secondo le forme

1

r. comba

,

Lo spazio vissuto: atteggiamenti mentali e «costruzione» del paesaggio urbano

, in

id.

e

r. roccia

(a cura di),

Torino fra Medioevo e Rinascimento. Dai catasti al paesaggio urbano e rurale

,

Torino 1993, pp. 13-40.

2

m. t. bonardi

,

L’uso sociale dello spazio urbano

, in

comba

e

roccia

(a cura di),

Torino fra Me-

dioevo e Rinascimento

cit., p. 175.

3

l. varetto

,

Il paesaggio urbano di Torino nelle fonti documentarie (secoli

xiv

-

xvi

)

, in

comba

e

roccia

(a cura di),

Torino fra Medioevo e Rinascimento

cit., pp. 367 sgg.