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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
spagnoli in Turino, et se non v’era il ducha di Savoia non ne campava
pure uno che fusse in quel contorno»
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.
Negli anni successivi la situazione non accennò a migliorare, e la man-
canza di denaro continuò a paralizzare l’azione della giustizia. Nell’ago-
sto 1530, all’indomani di un breve soggiorno del duca a Torino, la du-
chessa Beatrice scriveva al marito: «Monseigneur, despuis votre parte-
ment, n’a esté fait ung seul exploit de justice»; e aggiungeva che solo
prendendo immediati provvedimenti si sarebbe potuto far sì che le città
subalpine «ne se mettroyent en esmotion, que seroit, je vous asseheure,
pire que l’on ne cuide, s’ilz mettent les mains aux armes». Il timore che
la fedeltà delle comunità piemontesi, messa a così dura prova, finisse
per vacillare si accompagnava dunque a una profonda diffidenza nei con-
fronti di un mondo urbano percepito come politicamente instabile e dif-
ficilmente controllabile in caso di «esmotion». La necessità di prende-
re energici provvedimenti era più che mai evidente; sennonché, come
riconosceva la stessa Beatrice, «le principal poinct, qu’est argent, fault».
Col precipitare della situazione politica, del resto, anche il principe ave-
va ora altre questioni a cui pensare e il capo della polizia rimase solo a
invocare nuovi mezzi: il 10 ottobre di quello stesso 1530 i verbali del
consiglio registrano che «fuit auditus prepositus Sacquetus circa milites
equestres quos petit persolvi. Videatur illos esse solvendos dummodo
faciat aliquas bonas execuutiones. Alias non»
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.
Il timore che l’aggravarsi della delinquenza, se si fosse continuato a
non porvi riparo per mancanza di mezzi, finisse per provocare il crollo
dell’autorità ducale continua a rappresentare anche in seguito il filo con-
duttore dei rapporti inviati da Torino al duca. Il 12 luglio 1531 il pre-
sidente del Consiglio cismontano Chiaffredo Pasero scriveva a Carlo se-
gnalando in termini allarmati «la diminution de vostre auctorité»: le
condizioni del paese, avvertiva l’alto funzionario nel suo curioso fran-
cese, «pour ne estre vostre justice forte, vont tous jour empirant, et Dieu
scet quele fym ces cosses auront a la longa». Nel 1534 era Beatrice a
scrivere al marito in tono ancor più allarmato: «s’il ne vous plaist man-
der gens icy pour fere forte la justice, je vous asseheure, monseigneur,
qu’il s’y allumera si gros feu que quant on le vouldra appaiser on aura
bien affere, car il n’est question d’obéissance et journellement se font
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soffietti
(a cura di)
,
Verbali del «Consilium cum domino residens»
cit., p. 94;
fornaseri
,
Beatrice di Portogallo duchessa di Savoia
cit., doc. 17;
I diari di Marino Sanuto
cit., XLI, Venezia
1894, c. 390.
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fornaseri
,
Beatrice di Portogallo duchessa di Savoia
cit., doc. 33;
soffietti
(a cura di)
,
Ver-
bali del «Consilium cum domino residens»
cit., p. 209.