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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
duca qualche concessione in più in cambio del pagamento dei sussidi
promessi: così, nel 1455 il consiglio comunale stabilì di non pagare un
fiorino fino a quando non si fossero avute in mano lettere di esenzione
dall’alloggiamento degli uomini d’arme, che il duca aveva promesso ma
si era fino a quel momento guardato bene dal firmare
33
.
In casi estremi, infine, si rifiutava semplicemente di pagare, salvo
tornare sulla decisione se il duca avesse mostrato di voler usare le ma-
niere forti; e nel frattempo si badava a che nessuno in città introduces-
se crepe nella risoluzione comune. Nel 1422 il consiglio comunale deci-
se che tutti i credendari dovessero essere unanimi nel respingere le ri-
chieste di denaro del duca, «ad evictandum melanconias, iniurias et
blasfemias que forsitan evenire possent»
34
. Altre volte si dilazionava la
risposta con i più vari pretesti, non senza suscitare la collera impotente
degli interlocutori: così, il 19 agosto 1530, richiesti di prestar denaro, i
Torinesi chiesero una dilazione fino al 24, giorno di San Bartolomeo,
«quo die tenebunt consilium quia hucusque non fuit sufficiens nume-
rus»; debitamente riconvocati il 25, riferirono che il consiglio non si era
affatto riunito il giorno prima poiché i presenti non erano che tredici o
quattordici, e in generale fino a quel giorno non si erano potuti riunire
più di venti consiglieri, sicché fu giocoforza accordare un’altra dilazio-
ne. Il consiglio ducale si ripropose tuttavia di prendere le debite misu-
re contro i responsabili di un ritardo che non appariva per nulla casua-
le: era chiaro infatti che i consiglieri si erano ben guardati dal farsi
vedere, il giorno di San Bartolomeo, «practica aliquorum de quorum
nominibus inquiritur secrete ut dehinc possit provideri». «Et est dubi-
tandum ne cetere communitates procedant eo modo», annota con preoc-
cupazione il segretario: divenuta ormai il centro del Piemonte sabaudo,
Torino dava evidentemente l’esempio anche nelle tecniche della resi-
stenza passiva alle pretese del duca. Non pare però che i provvedimen-
ti adottati dal consiglio si siano rivelati efficaci, poiché quasi un mese
dopo, il 17 settembre, la duchessa Beatrice scriveva malinconicamente
al marito: «au regard de ceulx de Thurin, il n’y a jamais heu ordre les
fere assembler en nombre souffisant pour fere response». Né, aggiun-
geva la duchessa, l’immediato futuro prometteva meglio, poiché la ven-
demmia ormai prossima avrebbe infallibilmente offerto ai consiglieri
sempre nuovi pretesti per assentarsi
35
.
33
tallone
,
Parlamento sabaudo
cit., III, pp. 136 e 377; V, p. 346.
34
ASCT,
Ordinati
, 61, ff. 107-8.
35
soffietti
(a cura di)
,
Verbali del «Consilium cum domino residens»
cit., pp. 188, 191;
for-
naseri
,
Beatrice di Portogallo duchessa di Savoia
cit., doc. 38.