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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
te alla loro resistenza li avevano citati a comparire in Savoia davanti al
consiglio ducale, in violazione dei privilegi concessi alla città
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Allo stesso modo, il 31 luglio 1525 il consiglio ducale, ormai operan-
te stabilmente a Torino e sempre intento a discutere «le moyen pour
trouver argent», chiese denaro in prestito per conto del duca ad alcuni
fra i cittadini più ricchi, fra cui il giudice Ribaldino Beccuti. Di fronte
al loro rifiuto, il consiglio pensò di cambiare tattica: «et a esté ordonné
que le gabbellier, qui a mis sur la gabelle de Thurin neuf mil Vc florins,
soit mis en l’arrest et interrogé qui sont ses compaignons en la dite ad-
modiation». Poiché, cioè, un prestanome aveva investito 9500 fiorini
nell’appalto delle gabelle, il consiglio ducale decise senz’altro di farlo
mettere agli arresti, nella speranza di scoprire a chi apparteneva real-
mente il denaro, e poter poi esercitare su costoro le debite pressioni. Ma
la trovata non ebbe successo, poiché «le dit jour, estre arresté le dit gab-
bellier, il a juré que ce qu’il a fait, licet sit nomine proprio, est pour ung
banquier jeneuvoys que le maistre de la monnoye luy a addressé»: il de-
naro, dunque, era a Ginevra, irraggiungibile, e bisognò risolversi a li-
berare lo sfortunato appaltatore senza nulla di fatto.
Lo stesso giorno, dopo pranzo, il consiglio si riunì nuovamente in
presenza della duchessa Beatrice, deciso, questa volta, ad adottare mi-
sure estreme per far denaro: «a esté advisé pour trouver promptement
argent que l’on deheust fere venir des plus apparentz de Thurin et in
casum reffutationis ut arrestentur». La convocazione venne inviata, ma
il giorno stabilito i convocati, che dovevano aver subodorato qualcosa,
non si fecero vedere. Li si riconvocò per l’indomani, questa volta sotto
pena di multa, ma neppure questa volta il risultato fu soddisfacente: in-
terrogati sull’entità della somma che erano disposti a prestare, «n’y a
personne qui ayt rien offert». Per il momento il consiglio ducale rinunciò
all’uso della forza, ma qualche giorno dopo riconvocò una decina dei
cittadini più ricchi, e il presidente del consiglio illustrò loro lungamen-
te i motivi per cui il duca aveva bisogno di denaro, suggerendo «qu’ilz
veuillent prester chacun ce qu’il pourra»; ma questa volta si fece anche
intendere loro, discretamente, che in caso di rifiuto rischiavano l’arre-
sto, e ciascuno finì per promettere qualche centinaio di scudi. Ma già il
giorno seguente si vide quanto affidamento potesse essere fatto su si-
mili promesse, poiché le medesime persone, dopo essersi evidentemen-
te consigliate, si ripresentarono dichiarando che non avrebbero dato
nulla, sicché non restò altro mezzo che passare a vie di fatto: «fuit con-
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tallone
,
Parlamento sabaudo
cit., III, p. 300; ASCT,
Ordinati
, 78, f. 104
v
.