

clusum procedi contra eos per viam compulsoriam, attenta reffutacio-
ne per ipsos facta». Tuttavia ai convocati si disse di ripresentarsi nel
pomeriggio, per un ultimo colloquio. Puntualmente i notabili ritorna-
rono dopo pranzo, «et tanto plus requisiti eo magis indurati; ex quo fuit
ordinatum eos fore arrestandos, quod factum extitit donec quilibet ipso-
rum summam eisdem iniunctam persolvant». Così fu fatto e il giorno
seguente, 9 agosto, i prigionieri vennero assegnati al confino, chi ad
Avigliana, chi a Moncalieri, a Ivrea, a Chivasso; ma già il 10 uno di lo-
ro, Francesco Darmelli, cedette e «se obtulit responsurum omnibus mu-
tuare volentibus, quo mediante relaxabitur». A questo punto tutto la-
scerebbe pensare che anche gli altri si siano rassegnati a pagare e siano
stati rimessi in libertà, se proprio quel giorno la duchessa non avesse
scritto al marito chiedendo pieni poteri per poter costringere i cittadi-
ni a sborsare, «attendu les gens à qui l’on a affere, qui ne vouldront de-
sbourser aulcuns deners, qu’ilz n’ayent lettres en la meilleur forme et
seureté»
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.
Ci siamo soffermati a lungo su questo episodio per dare un’idea dei
metodi spicciativi con cui il duca e i suoi funzionari trattavano i Tori-
nesi quando erano in gioco questioni di denaro, oltre che per mostrare
ancora una volta come in tali occasioni la proclamata fedeltà della città
alla dinastia trovasse bruscamente i suoi limiti. Il problema di come trat-
tare col duca evitando le peggiori conseguenze ma al tempo stesso cer-
cando di salvaguardare gli interessi economici della città e dei singoli
cittadini si ripresenta in effetti assai di frequente nelle fonti ufficiali to-
rinesi. Non si contano le proteste di miseria con cui la città cerca di far-
si esentare dal sussidio, come nel 1437, quando si inviarono ambascia-
tori al duca coll’incarico di descrivergli in modo dettagliato le spese che
la comunità aveva dovuto affrontare di recente «et alia in quibus co-
munitas est presencialiter sumersa», con la speranza di ottenere non so-
lo la sospirata esenzione, ma addirittura un aiuto pecuniario; o nel 1485,
quando la città implorò una dilazione del pagamento «causantibus cari-
stiis et pestilenciis que res comunitatis civiumque et incolarum in par-
ticulari et generali absorbuerunt», non senza spiegare, con visibile esa-
gerazione, che la somma richiesta dal duca non avrebbe potuto in ogni
caso essere raccolta, dal momento che la più gran parte della proprietà
terriera in città era in mano ad ecclesiastici e altri esenti, e solo una pic-
cola parte ai cittadini. In mancanza di meglio, si cercava di strappare al
La vita e le strutture politiche nel quadro della bipolarità signore-comune
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soffietti
(a cura di)
,
Verbali del «Consilium cum domino residens»
cit., pp. 77-87;
forna-
seri
,
Beatrice di Portogallo duchessa di Savoia
cit., doc. 11.